sabato 24 novembre 2012

prima di scrivere, controlla che il cervello sia collegato

il suicidio di Davide, ragazzo dai pantaloni rosa, rimbalza sulla cronaca di questa settimana come atto legato ai commenti, agli insulti, alle prese in giro che riceva (non solo ma prevalentemente) su facebook.
mi chiedo allora perchè continuiamo a pensare che questa (proprio questa, quella della rete internet che sto usando anch'io ora) sia il frutto di una comunicazione virtuale.
le comunicazione sul web sono reali e come tali possono fare molto molto male.
la domanda che mi viene da fare è se, tolto il corpo che nelle comunicazioni fisiche ha una notevole importanza, quello che rimane in una comunicazione sul web non sia ancora (o possa essere) più incisivo: nella comunicazione fisica il linguaggio non verbale può sottolineare ma anche alleggerire le parole, gli da peso e forma.

negli scambi con alcuni ragazzi che incontro o di cui seguo le tracce sul web nei vari social, esistono per lo più commenti; e questi sono schietti, graffianti, secchi.
ecco quello che forse la comunicazione digitale ha di scarto dalla comunicazione fisica: mancano il media corporeo, i ragazzi come riescono a rendere in toto la comunicazione che vorrebbero passare?
oppure, se, come mi pare, non se ne accorgono e dunque non ci pensano, questo cosa comporta?
o ancora: e se invece la possibilità che il web offre è quella di dire le cose come le si pensano senza mediazioni, che ragazzi abbiamo davanti?

non so che percezione abbiano gli "amici" di Davide della relazione che sul web avevano instaurato con lui ma credo che vadano aiutati a comprendere che le relazioni contano tantissimo nella vita di ciascuno e che la comunicazione (digitale, fisica, verbale o non verbale) è la base di una relazione.
e che dunque di questa ci si deve occupare: curare la comunicazione perchè incide sulle nostre relazioni e sulle nostre possibilità di essere domani.
un mio professore delle medie aveva scritto un cartello in classe "prima di parlare, controlla che il cervello sia collegato".
ecco: questo va ricordato, detto e stradetto a tutti coloro che il web lo usano. in particolare ai ragazzi che stanno in quello (splendido) periodo della vita in cui ci si forma come adulti, ad un passo dall'essere le donne e gli uomini di domani e che hanno la grande possibilità di avere delle relazioni in carne ed ossa contemporaneamente alle relazioni digitali.



lunedì 5 novembre 2012

connessione

Ho appena visto il video della Zanardo SENZA CHIEDERE IL PERMESSO che consiglio caldamente di vedere (e rivedere) e mi viene nella testa un'idea.
Forse più un abbozzo, un grumo d'idea.
Che ci sia bisogno di connettere, di mettere in connessione le preoccupazioni, i pensieri e le parole di chi si sta occupando di adolescenti e giovani a vario titolo provando a vedere partendo dal proprio ruolo per guardare a questa (ricca) generazione che ci sta alle spalle.
La Zanardo dice, correttamente, che sono molto molto preoccupanti i dati incrociati tra i giovani che ne studiano ne lavorano: la letteratura anglosassone li definisce NEET (Not in Educational, Employment or Traning), a me non piace molto ma sto ancora cercando un nome che mi paia adeguato.Ecco che questi ragazzi non li si può incontrare come fa la Zanardo (ma anche Gherardo Colombo o Cavalli sul tema della legalità) nelle scuole. Questi ragazzi, se ci interessano, li dobbiamo incontrare fuori da scuola e fuori da scuola, nelle serate pubbliche non li troveremo mai. Li si incontra invece in quei servizi e progetti che "abbassano la soglia" occupandosi del tempo libero (che è un paradosso, diciamocelo!) e che (però) costruiscono per molti di loro l'unica realtà dove incontrare adulti al di fuori delle mura domestiche.

In una di queste realtà, un mese fa, abbiamo organizzato GIOVANI SGUARDI AL FEMMINILE, una serata per parlare degli sguardi, delle parole, dei pensieri sul femminile che hanno i ragazzi e le ragazze. Abbiamo inoltre chiesto alle associazioni del paese di contribuire da adulti immaginandosi cosa potessero o volessero dire ai giovani attorno al tema.
Il risultato è stato una serata con una sessantina di persone presenti di cui una ventina di ragazzi.
I ragazzi hanno mostrato una grande voglia di prendere parola attorno ad un tema non certo semplice e di dire agli adulti presenti come loro "sono" e qual'è la realtà delle relazioni tra i due sessi.

Tra pochi giorni, in un comune vicino, presenteremo il cortometraggio A CORTO D'IDENTITA' scritto, interpretato e coralmente diretto da un bel gruppo di ragazzi con la mano esperta di un regista, di un fotografo e di un tecnico del montaggio. L'abbiamo guardato in anteprima con i protagonisti la settimana scorsa e la reazione a corto finito è stata, oltre che di sorpresa per come era venuto, di cercare di spiegare cosa avevano fatto e quale rappresentazione di se hanno dato. "il corto ti lascia li a chiederti come sono i ragazzi d'oggi, come un punto di domanda...alla fine non lo sappiamo bene neanche noi come siamo..."

L'intuizione che mi viene è che progetti come questi avrebbero bisogno di un respiro che vada oltre al proprio "orticello". Non so in che forma, ma sarebbe interessante provare a connettersi, intrecciarsi, meticciarsi con altre esperienze per amplificare queste voci e per dare ai ragazzi la possibilità di fare esperienze altre, di veder tese altre mani, di adulti che hanno voglia di aiutarli a crescere.
Creare una rete di adulti che crede in loro sarebbe proprio una bella novità...