mercoledì 31 ottobre 2012

un paese come tanti

provincia est milano, un paese; in questo paese non accade nulla di straordinario, potrebbe essere un paese come un altro, un paese campione che può valere per tanti altri.

in questo paese i rappresentanti dei servizi educativi, delle associazioni sportive, degli oratori, delle forze dell'ordine (polizia locale e carabinieri) si incontrano una volta al mese per provare a dar voce alla cultura che il territorio ha dei giovani; lo sguardo è quello degli adulti che quotidianamente li incontrano.

Dalla prima riunione nasce un idea: i giovani sono lasciati fuori dagli spazi della vita del paese. a loro è chiesto (o imposto) di andare altrove, di non far rumore, di non incontrarsi proprio li, sulla panchina sotto la casa di un signore che insistentemente chiama i vigili. gli oratori sono aperti per le attività correlate in momenti precisi della giornata e della settimana.  
I ragazzi si trovano "e fanno rumore" nel grande parcheggio al limitare del paese o nei parchi, nascosti tra panchine, cespugli e nubi di fumo; allora i ragazzi cercano altri luoghi, ma essendo i paesi limitrofi fondamentalmente identici al nostro paese modello, non c'è spazio che non sia isolato, squallido o nascosto per incontrarsi.
non proprio l'immagine dell'accoglienza, direi.

forse, e non sono certo la prima a dirlo, servendo altri spazi, ci si trova a "cazzeggiare su fb"(come recita il profilo di un ragazzo) rinchiusi nella propria casa, nella propria camera, nel proprio profilo.
come adulti e che dell'educazione si occupano professionalmente credo che siamo tenuti a provare a riflettere attorno a quali culture stiamo attraversando per provare a dare direzioni differenti, ad alzare gli sguardi, i dubbi e le domande attorno alla domanda: quale spazio hanno i giovani oggi? gli chiediamo di contribuire, ma noi, che idea di accoglienza diamo?



partendo dal presupposto che nelle relazioni digitali manca la dimensione fisica, una domanda che pongo è per esempio cosa cambia in termini di sostegno, di tenuta a momenti di fatica una rete di relazioni con persone in carne ed ossa e tra conoscenze in rete? 
E' notizia di oggi che dalle analisi dell'Istat i giovani italiani risultano al 35,1% di disoccupati (ovvero di chi cerca lavoro attivamente e non lo trova, a cui dovremmo aggiungere il resto, ovvero di chi neanche lo cerca il lavoro). in questa situazione di difficoltà evidente, qual'è il vantaggio dell'essere in relazione digitale con un numero significativo di coetanei?
e ancora, se nelle relazioni fisiche in un territorio come il sopracitato paese modello, posso sentirmi parte di una comunità, nella dimensione digitale, cosa accade? e ciò come modifica la mia percezione di ciò che faccio, agisco e dico?
e ancora, siccome non corrisponde a realtà fisica una comunità di soli adolescenti e giovani ( chi si ricorda dello splendido Il signore delle mosche?), cosa accade li dentro?
nel web, ci si sente accolti? e se si, c'è qualcosa di questo sistema che possiamo apprendere per poterlo portare nelle relazioni e nelle comunità fisiche?



nb: quando parlo di relazioni e comunità digitali intendo quelle sul web, che non sono a parer mio, virtuali per nulla. sono digitali.
quando parlo di relazioni e comunità fisiche intendo quelle in carne ed ossa perchè entrambe (digitali e fisiche) sono relazioni.

domenica 28 ottobre 2012

E

riflessione al volo, da una giornata uggiosa.

qualche mese fa non avrei mai chiamato così questo blog.
c'era E il mensile di Emergency e non avrei mai accostato il nome del mio blog a questa bellissima esperienza editoriale.
ma, come spiegava il direttore Gianni Mura in un'intervista a Radiopopolare , in tempi di crisi dove le lobby della carta stampata si sentivano in caduta libera, E nuovo, bellissimo e geniale non ha resistito.
mi trovo ancora oggi a tre mesi dall'uscita dell'ultimo numero, a sfogliarne le pagine a leggere articoli persi o a rileggerne per comprenderli meglio.

ecco che in fondo, il nome di questo blog vuole essere un omaggio ad una (purtroppo breve) esperienza d'eccellenza.

http://www.emergency.it/index.html


domenica 21 ottobre 2012

sesto senso

in un solo colpo, ieri sera, nella alta Val Seriana senza connessione, ho trovato due articoli in un solo colpo che parlano di web.
La riflessione che ne è scaturita e che continua a ronzarmi in testa parte dall'omicidio di Carmela Petrucci, la ragazza di Palermo che fa scudo alla sorella dalle violenze del suo ex e muore.

Carmela aveva 17 anni, sua sorella Lucia un anno in più.
Lucia aveva conosciuto il suo ex fidanzato in rete. 
i genitori, di questo fidanzato non sapevano nulla, come non sapevano nulla delle minacce che lui le faceva.
mi chiedo allora se sarebbe cambiato qualcosa se si fossero conosciuti fisicamente prima che digitalmente.
Mi chiedo se il corpo, il fisico, con tutto il suo linguaggio non esplicito, non segnato, ma da interpretare, avrebbe dato qualche segnale a Lucia. si, qualche segnale di fragilità, di aggressività, perchè non credo che lui, Samuele, sia diventato matto d'improvviso...
o forse, visto che Lucia e Samuele dopo essersi conosciuti on line si sono incontrati fisicamente, forse questo modo di incontrare persone nuove (sul web appunto) non stia facendo disabituare i ragazzi ad una lettura del linguaggio non verbale e di reazione di quel sano sesto senso che ti fa avvertire il pericolo anche quando non è esplicito, quando non lo vedi proprio nitidamente ma lo intuisci.

e se questa lettura non è una fantasia, abbiamo una bella "gatta da pelare".
Carmela è la 100° donna uccisa in Italia nel 2012 dunque so che non può essere statisticamente un dato interessante visto che le altre 99 non hanno avuto tutte questa storia. Ma Carmela e Lucia sono ragazze e come tutte (o tante, tantissime) hanno un profilo, navigano, chattano, conoscono altri in rete e questo a me preoccupa.
Non del navigare in se, non del socializzare in rete, ma dell'assenza di alcuni tasselli che possono aiutarle a stare in rete senza morire.

Sempre ieri sera leggo su D de "La Repubblica" un articolo di Mara Accettura dal titolo "Il mio amore immaginario" dove la giornalista racconta di amori nati nel web e prova a darci delle coordinate di lettura:
"(...) Per certi versi il virtuale funziona meglio (del fisico, ndr) <è molto liberatorio. Ti trovi a dire e fare, o meglio a scrivere, cose che faccia a faccia...Mai! o quantomeno avresti un sacco di pudore all'inizio"

Ecco, credo che questo sia uno dei punti: la mancanza di relazione fisica fa saltare i meccanismi di difesa naturali che normalmente ci fanno aspettare del tempo, avere "pudore".
e se questo ribalta e manda in confusione delle donne (l'autrice dell'articolo non specifica l'età ma non si sta parlando di ragazze) immaginate cosa possa succedere nell'universo già in fase sperimentale di un'adolescente.
Forse è il caso di parlarne. forse è il caso di aiutare le ragazze d'oggi a capire le relazioni. 
perchè ce n'è proprio bisogno. 
sia di stare in relazione che di capire come funzionano.

giovedì 18 ottobre 2012

il blog si presenta

E di Educazione si occupa, neanche a farlo apposta, soprattutto di Educazione.
di Educazione con la "E" maiuscola, di quella che è fatta perchè pensata, voluta e sostenuta da chi la fa e la pensa con grande fatica. è uno spazio del pensiero da condividere, da rendere pubblico. perchè credo che rendere pubblico un pensiero che guarda oltre se stessi sia già una grande azione di Educazione.

ma c'è di più.
E di Educazione non si occupa solo di Educazione, ma del rapporto, delle relazioni che l'Educazione ha con altri (campi del sapere, competenze, sguardi, professioni, soggetti e oggetti).

in particolare mi occuperò di giovani, ragazzi, adolescenti, preadolescenti, delle loro famiglie e dei loro mondi. con un'attenzione particolare alla relazione con il web.
 


l'io al tempo del web

Mentre leggevo il post qui sotto, vedevo "l'uomo contemporaneo" di cui parla Mottana, non so se a ragione o torno, come la presentazione dei ragazzi, dei teenagers, teens di questi anni. e probabilmente anche di quelli di domani.

credo che dunque tocchi a noi (educatori e consulenti pedagogici, psico e sociologi,...) tener presente dei vari aspetti che il post mostra:
dalla "nuova corporeità"  alla capacità di "sfuggire alle vecchie ipoteche totalizzanti".
non semplice il quadro, certo.
ma una complessità reale e questo post, forse, ci aiuta ad addentrarci per comprenderla meglio.

"l'uomo contemporaneo non è più il fulcro di un organismo ben regolato dalle leggi dell'identità (...) l'IO di oggi è un io d i f f u s o, un io quantico, ambiguo nella sua stessa struttura materiale, onda e particella (...)
l'Io di oggi oscilla tra materia e immateriale, al confine tra il virtuale e il reale (..)" dice Paolo Mottana in questo post qui sotto 

 per il post di Mottana:
http://contreducazione.blogspot.it
(lasciate perdere gli ultimi minuti del suo video sul suo blog, please! per il resto, il blog merita, anche se è graficamente di difficilissima lettura).