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giovedì 28 agosto 2014

#PENSODUNQUEBLOGGODUE - EDUCAZIONE FA RIMA CON..


Arrivati alla conclusione di questa prima tranche di BloggingDay, i blogger del gruppo Snodi Pedagogici scriveranno e pubblicheranno una serie di articoli, sui propri blog, inerenti ai blogging day già pubblicati:
Una sorta di conclusione su quanto è emerso fino ad oggi grazie ai vostri contributi, per rileggere assieme a voi i passaggi fondamentali, provando a dare delle risposte ma anche porre e porsi nuove domande, in vista dell'antologia che verrà pubblicata ad autunno e il cui ricavato andrà in beneficenza alla "Locanda dei Girasoli" di Roma.
Gli articoli verranno pubblicati sui diversi social con ‪#‎Pensodunquebloggodue‬ e raccolti sul sito di Snodi Pedagogici



#Pensodunquebloggodue - 
EDUCAZIONE FA RIMA CON..


Un viaggiatore sa e riconosce il valore della sosta..sa come questa permetta la possibilità di prendere consapevolezza delle ricchezze raccolte in viaggio, sa che la sosta consente di "indossare nuove vesti" drappeggiate di pensieri, ricordi, incontri, riflessioni e racconti che permetteranno di proseguire verso le prossime tappe.


(...) Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante. 
soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato un bel viaggio
senza di lei mai ti saresti messo 
in viaggio:che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

             C.P. Cavafys

Anche  Snodi Pedagogici riconosce questo momento e il suo valore; che si traduce nel tentativo di restituirvi parte dell'esperienza che avete contribuito a costruire attraverso la partecipazione ai tre blogging day

durante i quali è stato possibile sfiorare alcuni degli ambiti con cui l'educazione si interconnette..Perché una cosa è certa: l'educazione e la pedagogia, occupandosi di relazione e di crescita, di cultura e di Persone, permeano ogni ambito che ci riguarda e oggi, nel mondo contemporaneo caratterizzato da mille capillari risvolti e possibilità, da strade e ricorsi, la superficie sfaccettata che le caratterizza ne è moltiplicata, raggiungendo una dimensione che possiamo definire Molteplice.

"Caratterizzato da varietà di forme, aspetti, qualità" (dizionario Hoepli.it)

..Molteplici sono le occasioni che potenzialmente si incontrano, 
molteplici le esperienze che vivo e che posso incontrare nell'altro,
molteplici ancora le possibilità di reazione e risposta-azione,
molteplici le storie che posso comporre.
Molteplici quindi, anche gli ambiti con i quali l'educazione si interfaccia.


..e in ciò il web che c'entra? ..e i Bloggingday?

La rete, mezzo principe, oggi, di viaggi ed incontri, permette di incrociare una pluralità di sguardi, di incontrare  mondi altrui, di essere partecipi di un bagaglio più ampio di esperienze, che posso poi ricucire perché calzino con la mia storia o perché mi consentano di narrarle a chi possa immaginare, per sé, possibili storie.
Parlare e leggere di educazione nel web dunque mi consente di accedere a questa sfera semplice e insieme complessa, in una parola molteplice, che è l'esperienza umana; questo nei termini di storia personale ma soprattutto, come educatrice, nei termini di storie trasmesse e immaginate a più mani, storie altrui di cui essere testimoni provando a fare da specchio perché abbiano la possibilità di prendere coscienza di se stesse. 

Storie, grazie a questo molteplice bagaglio, in cui riuscire a tratteggiare potenzialità di crescita e di apprendimento reciproco.


In questa direzione #pensodunquebloggodue vuole essere una occasione per individuare alcune coordinate da fissare, snodi che insieme abbiamo tracciato in questi mesi di Bloggingday e che è interessante mettere in evidenza, per come ci hanno colpito, per comporre bagagli di viaggio..

..Così Andrea Capella, ospite di IN Dialogo per  #EducazionEamore, mi fa pensare alla povertà della realtà italiana rispetto alla riflessione educativa, pedagogica ma soprattutto politica ed istituzionale, su sessualità e disagio; questa tematica, nonostante alcuni passi (vedi in disegno di legge recente sull'assistenza sessuale) resta in italia un tabù ancora da superare.
Dalle parole coraggiose di Andrea rammento l'importanza di distinguere l'etica dalla morale; questo per poter guardare una situazione dalla 'giusta' distanza, quella che mi permette di vedere l'altro -nn troppo vicino o troppo lontano- come Persona nella sua complessità di bisogni, sapendo che, nell'accompagnarla, la storia principale rimane la Sua e io, come educatore, posso e devo stare nella delicatezza di mostrare rotte e di immaginare vie, così come tematizzare la sfera affettiva contribuendo a riempire una esperienza di significato.
(per approfondire l'argomento con storie reali vi segnalo www.loveability.it)


..mentre Rita Totti, ospite di Nessi Pedagogici per #educazionEbellezza, mi riporta alla  società dell'immagine che viviamo; alla centralità del Bello, con tutto il carico di importanza che viene affidata a questa dimensione, oggi, soprattutto nel costruire una identità e come spesso la stessa venga calpestata, distorta, abusata.
Con Rita condivido la riflessione di quanto sia importante che i ragazzi abbiano qualche coordinata in merito, accompagnandoli ad educarsi al Bello tramite l'arte e la natura.


..e ancora Federica Vergani, ospite di E di Educazione per # PedagogicAlert, che  ci tratteggia  l' ambivalenza tanto del nero quanto del bianco e le differenti sfaccettature e punti di vista che il mondo educativo abita.
Esiste un valore nell' alzare bandiera bianca, nel lasciare una posizione? 

Ha valore riconoscere i propri limiti professionali?
Sicuramente l' autoconsapevolezza del limite possiede valore: riconoscere che dove non arrivo io possa arrivare l'altro.
Quando la fatica di stare non è più sostenibile, allora è utile lasciare perchè la storia che contribuisco a costruire e che non mi appartiene, possa trovare altre prospettive. Questo contributo mi rammenta la forza e l'onestà intellettuale dell'educatore che sente e riconosce di aver già fatto la sua parte, di non poterci arrivare oltre lì. 
La responsabilità educativa si palesa anche in questo: il saper lasciare perché altri vedano strade nuove e ancora possibili.



Il viaggio del Bday sta per terminare e qui voglio lasciare alcune parole come un brainstorming di ciò che che per me ha significato:
Ospitalità,  Comunicazione, Pluralità, Narrazione condivisa, Costruzione di saperi..

..sono solo alcune e in ordine sparso. In fondo se qualcuno mi chiedesse con cosa fa rima educazione, risponderei che mi chiedo, piuttosto, con cosa non faccia rima. 

Un grazie gigante a tutti i colleghi di Snodi Pedagogici e a tutti coloro che con noi credono nel progetto portandovi il loro contributo.


Qui trovi gli altri contributi


I Blog Partecipanti:

La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuela Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti assieme a un guest post di Alessia Zucchelli, collaboratrice del blog
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Trafantasiapensieroazione di Monica D'Alessandro Pozzi
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
In Dialogo di Elisa Benzi
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari

venerdì 18 luglio 2014

#PEDAGOGICALERT - BANDIERA BIANCA

Il tema lanciato a luglio da Snodi Pedagogici è: #PEDAGOGICALERT

"Quali sono le zone oscure dell’educazione?

Quali elementi ci sono nell’educazione e nella pedagogia che, se non vengono valutati, portano l'azione educativa ad essere “pericolosa” per chi educa e ch è educato? 
Chi sono i cattivi maestri?
Oppure la pedagogia può come disciplina, citando Marguerite Yourcenar, saper guardare nel buio con disobbedienza, ottimismo e avventatezza e scoprire strade inusitate?"



Buona lettura



#PEDAGOGICALERT - BANDIERA BIANCA
di Federica Vergani

“X”: è un ragazzino è una storia che ho incontrato e da parecchi anni ogni tanto penso. 
Poteva essere allontanato dalla sua famiglia, ma dopo una storia di affido familiare, concluso (per alcuni “fallito”), ritorna a casa e verrà seguito per diversi anni da educatori che nella sua vita si avvicenderanno ed in qualche modo cercheranno di instaurare e vivere relazioni educative per aiutarlo a “costruirsi una buona storia”, come direbbe Laura Formenti.
“X” ha dovuto conoscere 4 educatori, che a turno non sono riusciti a trovare un senso “educativo o altro” al proprio lavoro e hanno richiesto un cambio operatore, un avvicendamento con un altro operatore dell’equipe educativa.
E’ stato espulso da scuola. In alcuni anni non ha potuto partecipare all’oratorio feriale, “perché non era il caso, date le esperienze degli anni precedenti”, così rispondevano gli animatori ed i parroci  dei paesi limitrofi. Sì perché gli educatori progettavano e pensavano interventi anche in contesti oltre il suo paese, pur di inserirlo con dei coetanei e toglierlo dalla strada. 
Partecipava al centro di aggregazione giovanile con riserva, solo se accompagnato da una figura adulta che potesse seguirlo individualmente. Partecipava poco tempo poi non ne voleva sapere di  stare anche al CAG. 
Per alcuni servizi, questo tipo di intervento educativo era, o forse è ancora,  di “riduzione del danno” (un intervento educativo con un ragazzino può essere anche così semanticamente pensato?).

“Y” è un bambino che incontra il padre nel servizio di spazio neutro da diversi anni, forse sette, e che non riesce ad incontrarlo se non accompagnato dalla madre, la quale deve rimanere e presenziare a tutto l’incontro.  Alcuni hanno sostenuto “questo è il loro legame” e si continuerà in spazio neutro fino ai 18 anni del bambino.
Nessuna passione, desiderio comune fra padre e figlio ha permesso nuove possibilità al loro legame. Nessun cambiamento strategico, educativo, attento, sfrontato, irreverente, graduale ha promosso negli anni che padre e figlio si incontrassero in un modo differente, seppur gli operatori agli inizi erano convinti che con il tempo gli incontri protetti potevano essere una fase, un transito, un servizio di supporto per del tempo.

Ecco qui, “x” ed “y”, non sono delle funzioni matematiche, ma delle storie e delle persone che ho conosciuto indirettamente, che mi hanno interrogato ininterrottamente poiché sono storie in cui gli operatori hanno alzato “bandiera bianca”. 
Storie di pensieri educativi iatrogeni, in cui il nero si confondeva con tinte grigie dalle narrazioni degli educatori, i quali dopo diverso tempo lasciavano, chiedevano che nuove risorse e pensieri prendessero il loro posto e dicevano “non posso continuare” ed hanno scelto di alzare bandiera bianca. 
Sono storie raccontate in supervisione, che hanno richiesto alle équipe sempre più competenze e pensieri riflessivi. 
In queste storie, e non funzioni, come in matematica le variabili sono molte e magari non tutte riconosciute ed analizzate; il dominio di ogni funzione può avere infinite variabili, ma in questi esempi vi è stata una costante: differenti educatori hanno alzato bandiera bianca.
Ecco qui quello che per me è considerato il nero: quell’impasse pedagogico in cui le storie saturate dai problemi non vedono nuove narrazioni, possibilità e si richiudono in copioni che nessun nuovo educatore riesce a ri-animare. Più professionisti di un’equipe si siedono per tentare di scrivere  il nuovo dove invece i protagonisti si impegnano e sforzano a rimanere nel loro presente. Vi sono in gioco differenti, molteplici livelli che spesso hanno accompagnato queste storie: potere – contropotere dell’educazione, cosa è funzionale a quel sistema che continua imperterrito nel suo copione, che i servizi invece vorrebbero cambiare… ed altro …
Ma in quel bianco in quella bandiera issata io intravedo ancora pedagogia. 
A chi vuole essere mostrato quel bianco? Al ragazzino? Al contesto? Alla loro famiglia? Ai loro legami? Alla propria professionalità? All’equipe? Ad altre equipe? Al supervisore? 

Perché in un nero pedagogico si accosta un bianco? Per me ecco che quella bandiera issata è un’ammissione da parte dell’educatore di speranza, di possibilità e accostamento di nuove visioni che potrebbero nascere in un nuovo cambiamento, per ora quello dell’operatore che in quel sistema e in quella storia vede ancora tinte e sfumature, nonostante anni di interventi educativi che non sono falliti, a mio avviso, ma hanno anche bisogno di nuovo e altro. 
Queste non sono storie di professionisti che potrebbero essere definiti in “born out”, questo non è un invito a cambiare frequentemente educatore nei servizi di Assistenza domiciliare o Spazio neutro, è un elogio al bianco. A pensare che vi sia possibilità e speranza dove crediamo che vi sia un bisogno, poiché lo leggiamo ancora in quel contesto per quel minore, quella famiglia o quel legame.
 È un credere che dal nero, accostando il bianco, si possano trovare delle sfumature altre, diverse, nuove riflessività che non si appiattiscano in semantiche non generative e accudenti dei bisogni educativi riconosciuti e da rispettare nell’altro.
Quel bianco è “àncora” e “ancòra”. 
E’ un cambiamento, è quel continuo interrogare che da anni mi accompagna…. È e sono la mia bandiera bianca.








Federica Vergani. Educatrice di spazio neutro e assistenza domiciliare per anni, ora pedagogista in una Scuola dell’Infanzia. Osservo il mondo intorno come un mondo di storie e narrazioni, da leggere e contemplare. 
ogni tanto la trovate su Facebook  






Tutti i contributi verranno divulgati dai blogger di Snodi Pedagogicicondivisi e commentati sui diversi social e raccolti a questo link (link dal sito di snodi)

I blog che partecipano
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuela Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti
La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni
In Dialogo di Elisa Benzi
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
Tra Fantasia Pensiero Azione di Monica D'Alessandro Pozzi
blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.

Questo avrà termine con l'estate e sfocerà in un'antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla Locanda dei Girasoli (link del loro sito)



Una volta finito il percorso di pubblicazione online, vari autori che hanno preso parte ai BDay, verranno contattati dalla redazione.

venerdì 13 giugno 2014

#educazionEbellezza di Gloria Vanni


l tema lanciato a giugno da Snodi Pedagogici è: #educazionEbellezza


"Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace.

Quale posto ha l'educazione al Bello nella nostra vita? Come siamo stati formati e come vogliamo formare i nostri ragazzi alla bellezza? Non è semplice educare a un concetto così soggettivo, ma è necessario, specialmente in un'epoca in cui, si dice, tutto è soggettivo e più nulla ha valore assoluto"

Buona lettura.




#educazioneEbellezza di Gloria Vanni

Credo che apprezzare il bello sia imprescindibile come conoscere italiano e storia, rispetto e gratitudine.

Sono figlia di una generazione che non ha avuto tempo di trasmettere la bellezza andando per musei. Mi è stato però insegnato il bello delle piccole cose di ogni giorno. Il resto l’ho incontrato per caso, appreso per determinazione, fatto mio per forza di volontà.

Ho cercato di trasmettere a mia figlia il bello di un’opera d’arte e quello dei gesti, della natura e di una carezza donati senza aspettarsi nulla in cambio. Non è facile in un’epoca liquida e cangiante come la nostra.

Proprio perché oggi tutto è più soggettivo, essere in grado di raccogliere, affinare, praticare la propria bellezza è #sostenibilità, inspensabile per se stessi e per gli altri.











GLORIA VANNI
Giornalista, blogger, inviato di vita. Come giornalista ho viaggiato tra sapori e tradizioni della Terra. Come blogger ho risposto alla chiamata della sostenibilità. Ho ideato un progetto, Less Is Sexy, che inizia con un blog www.lessissexy.com dove condividiamo sostenibilità su misura: personale, sociale, globale, ambientale, eccellenze italiane sostenibili.




I blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.

Questo avrà termine con l'estate e sfocerà in un'antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla "Locanda dei Girasoli" (http://www.lalocandadeigirasoli.it/ )

Una volta finito il percorso di pubblicazione online, vari autori che hanno preso parte ai BDay, verranno contattati dalla redazione

Blog partecipanti

lunedì 12 maggio 2014

#educazionEamore - Amare l'incontro

Il tema del mese di maggio lanciato da Snodi Pedagogici  è #educazionEamore

"L’educazione all’amore come dimensione particolare dell’incontro (umano e tra esseri viventi), alla sessualità, all’affettività, alla passione, intesa non solo come eros ma più etimologicamente come provare un forte “sentire” per qualcosa o qualcuno.
Come educare e come educarsi all'amore, in tutte le sue sfaccettature..."

Buona lettura.







#educazionEamore 
Amare l’incontro per incontrare l’Amore.
di Emanuele Driol
Credo di avere un problema. Credo di essere un ninfomane relazionale e vorrei fare l’amore con tutti quelli che incontro: maschi, femmine, alti e bassi, grassi o magri, neri, gialli, verdi, cattolici, mussulmani, ebrei, valdesi… Vi dirò, più sono diversi da me e più la cosa mi intriga. Posso sperimentare nuovi approcci, nuove tecniche di seduzione, nuove esperienze; sempre spinto dall’amore verso l’altro, con la volontà di conoscerlo, imparare e insegnare. E’ grave? Sono un perverso? Io non credo. 
Vedo grandi similitudini tra l’incontro e il fare l’amore; bisogna saper ascoltare sé stessi e l’altro per poter decidere di comune accordo tempi, ritmi e intensità del rapporto. Per capire quando  iniziare e quando è giusto finire senza risultare molesti o, peggio ancora, violenti. A me, ad esempio, non piacciono gli incontri banali, quegli scambi di battute sul tempo fatti in ascensore o in quei luoghi dove “non si può proprio evitare” altrimenti sembri maleducato. Perché costringermi ad incontrarti? Perché non si può fare a meno? Se pensate alla metafora fatta prima, in cui paragonavo l’incontro al fare l’amore, questa costrizione a cosa potrei paragonarla? Ad una violenza sessuale? Oppure ad una “sveltina”? Come quando si dice si abbia solo voglio di “svuotare” i propri genitali, in ascensore si ha solo voglia di dare fiato alla bocca? 
Non so e non credo neanche sia questo il problema perché ognuno, in fondo, ha il suo modo di amare e di incontrare l’altro. L’importante è che sia una metodologia condivisa e non imposta, perché allora sì che diventa violenza e porta con sé un vissuto di rifiuto verso la relazione e verso l’ascolto. Il rischio è quello di trasformarci sempre di più in stupratori relazionali seriali, che girano per la città alla ricerca di vittime per soddisfare i propri bisogni con macchiavellica intenzionalità. Pronti a sfruttare il proprio ruolo, specie se di potere, o qualsiasi cosa possa portare a compimento il proprio bisogno di eiaculare parole a vanvera e poco importa se chi sta dall’altra parte non si diverte o non prova piacere. Queste modalità mi parlano di persone che incontrano l’altro per relazionarsi al proprio bisogno, che dopo uno scambio relazionale si fumano una sigaretta e abbandonano la scena lasciandola più vuota di quando l’hanno attraversata.  
Dopo ogni incontro, a me piace pensare di lasciare qualcosa che sia in grado di compensare, almeno in parte, quello che ho preso o mi è stato dato: perché l’amore alla fine è uno scambio! Di fluidi se parliamo di sessualità, di significati se parliamo di relazione; in entrambi i casi ci deve essere la volontà di condividere un’esperienza per renderla educativa e quindi capace di creare cultura intorno all’amore. Bisogna avere coraggio, rischiare anche di soffrire; solo con questa spinta si può aspirare a raggiungere l’orgasmo relazionale, altrimenti siamo condannati ad accontentarci di rapporti occasionali all’interno dei quali perderci. La paura, infatti, porta a nascondersi nell’ombra aspettando il momento opportuno per la caccia alla vittima più debole. 
“..Innamoratevi!Dilapidate la gioia, sperperate l’allegria. Siate tristi e taciturni con l’esuberanza. Fate soffiare in faccia alla gente la felicità.Per trasmettere la felicità, bisogna essere felici e per trasmettere il dolore bisogna essere felici. Siate felici. E come si fa ad essere felici? Dovete patire, stare male, soffrire.Non abbiate paura a soffrire. Tutto il mondo soffre…” 
(R.Benigni – dal film “La tigre e la neve”)


Il rischio della sofferenza dona importanza e valore all’amore stesso, non bisogna aver paura dell’incontro. L’incontro non si pensa, l’incontro è come l’amore: si fa! Se si deve fare male, però, meglio evitare altrimenti almeno uno dei partecipanti potrebbe restare deluso. E se quell’uno fossi tu? 





EMANUELE DRIOL
 Quasi 36 anni spesi ad osservare il mondo e le sue genti, convinto dell'importanza dell'interazione umana come strumento di crescita,  tanto da farne il mio lavoro. Insomma: mi occupo di Educazione, come professionista e come uomo, perché mi piace e perché credo serva.



Tutti i contributi verranno divulgati dai blogger di Snodi Pedagogici, condivisi e commentati sui diversi social e raccolti in questo link (link del bd dal sito di Snodi pedagogici)
I blog che partecipano:



I blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.
Questo avrà termine con l'estate 2014 e sfocerà in un'antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook

giovedì 24 aprile 2014

Disconnect: immaginari sul web

di Alessia Zucchelli



Vado al cinema stasera..
"Disconnect" viene presentato come un docu-film sulle conseguenze che l'avvento di internet e del web 2.0 hanno avuto nella vita di tutti noi; la serata rientra in una serie di iniziative che il Comitato Genitori di un Istituto Superiore e l'Istituto stesso stanno portando avanti sul tema Web e nuove generazioni.
Mi guardo intorno, in sala sono presenti ragazzi, genitori, insegnanti; recupero un paio di recensioni, da cui colgo che il film non presenta un punto di vista proprio positivo della tematica. Sono comunque molto incuriosita per approfondire la mia riflessione su educazione e web e soprattutto interessata ad esplorare gli immaginari che vengono proposti: quali contenuti e significati le agenzie educative divulgano a famiglie e ragazzi?
Si abbassano le luci,vengo catapultata in tre storie che da subito sento vive, dense: una famiglia sul lastrico economico, un paio di cyberbulli che finalmente trovano una vittima succulenta, una giornalista che cerca lo scoop nel mondo della prostituzione giovanile..storie tutte accumunate dall'essere cadute nella trappola del web..
..Che dire? Una tragedia! Il film si rivela un concentrato di situazioni catastrofiche e di vite spezzate proprio nell'incontro con internet 2.0: i social, le chat. Non solo i ragazzi ma -attenzione- gli adulti stessi finiscono -loro malgrado- nella trappola della rete, subendo conseguenze davvero catastrofiche.. a mio avviso, lasciatemelo dire, in maniera un pò ingenua.
Nel ruolo sicuro e tranquillo di spettatrice attendo che compaiano briciole di buon senso, barlumi di ragionevolezza..ma rimango quasi a bocca asciutta.
La sensazione che sento è di distacco ed estraniamento: una coppia sul lastrico per la clonatura della carta di credito, una famiglia distrutta per il suidcidio del figlio a seguito di atti di bullismo, una giornalista che tenta la scalata al successo intervistando un minore che si prostituisce online, il tutto condito da suspence e fiato sospeso, come neanche la migliore tradizione Horror.
Per carità, tutti fatti verosimili..ma così inanellati e farciti di ingenuità a me risultano poco credibili: davvero qualcuno pensa ancora che il web sia solo una didascalica catastrofe?
A un certo punto il ragazzo seduto vicino a me e che spesso durante il film estrae lo smartphone dalla tasca, chiede alla madre di andarsene:
"è triste..è brutto, voglio andare a casa"
..queste parole mi rincuorano..cominciavo a stare davvero scomoda nella poltroncina e ora so che qualcuno condivide questo stato d'animo. Alle parole del ragazzo capisco però che non si tratta dell'inquietudine che il film trasmette, come accade per lui, ma piuttosto del timore di essere sola -come spettatrice- nel sentirmi contrariata.
Ora, io non ho potuto chiedere ai ragazzi in sala che cosa si siano portati a casa da questa visione, ma la richiesta rivolta dal mio vicino alla madre mi è sembrata sana e rivelatoria..
Come possiamo non vergognarci di mostrare ai ragazzi un simile concentrato di catastrofi e di mancanza di buon senso adulto? Perchè, davvero, gli adulti rappresentati nel film non paiono semplicemente "umani", ma rasentano la sprovvedutezza.
Come possiamo da adulti identificarci in questi personaggi, tanto da decidere di mostrarli sul grande schermo ai ragazzi?
E ancora, come possiamo pensare che terrorizzare le nuove generazioni in questo modo -didascalico peraltro- possa davvero tornare utile affinchè prendano consapevolezza e affrontino i rischi (reali, per carità!) che la vita -e non il web in sè- ci riserva?
Come possiamo pensare di sensibilizzarli mostrando loro l'atto più estremo che si possa compiere: togliersi la vita? Quanti dei ragazzi in sala si saranno identificati col giovane protagonista suicida? Ma ancor prima, sensibilizzare coincide con spaventare?

Quando ci accorgeremo che stiamo vomitando addosso ai ragazzi tutte le nostre paure e il nostro bisogno di contenerle? Perchè non ci rendiamo conto che in questo modo risultiamo poco credibili e che se i ragazzi avranno il buon cuore di sforzarsi di crederci, un giorno potrebbero pensare di aver perso il loro tempo? Perchè la realtà che vivono è ben distante da come univocamente e paternalisticamente gliela dipingiamo!

Perchè non riusciamo a capire che il nostro ruolo non è quello di rinchiudere, censurare, dare voce ai nostri timori, ma quello di condividere la voglia di vivere, il bisogno di fare esperienze, di essere positivi dei ragazzi, camminando con loro e aiutandoli ad esplorare un mondo nuovo con senso critico per evitare le derive, oltre che accoglierli quando si fanno male?

Per chiudere la serata un professore dell'Istituto Comprensivo porta le sue riflessioni sul tema tecnica e tecnologia..(non ci crederete, ma ho deciso di andare fino in fondo!)..professore di filosofia, citando Francis Bacone -facendogli dire che la Tecnica 'nasce' per risolvere problemi ma ne causa poi ben altri- riesuma il mito di Dedalo che, inventore, costruisce una macchina-toro per soddisfare le pulsioni sessuali di Pasifae e ciò che ne deriva è il Minotauro, minaccia per la città e i suoi giovani; e ancora, non soddisfatto, ricorda il mito della Caverna di Platone per dare un monito: non dobbiamo farci ingannare, la realtà è ben altro!

Peccato che il professore si sia dimenticato che la sua voce poteva essere ascoltata dal pubblico grazie ad un microfono e che senza la tecnologia cinematografica, che ha permesso la produzione e la diffusione del film, le sue riflessioni non avrebbe potuto non solo condividerle, ma probabilmente nemmeno farle!
Applausi in sala.


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Alessia Zucchelli esercita la professione educativa dal 2001 a fianco degli adolescenti a cui si appassiona tanto da decidere di approfondirne la riflessione e la pratica educativa nel lavoro e in una tesi in Scienze dell’Educazione su giovani e famiglie nell’età contemporanea.
Appassionata al lavoro educativo, ritiene che agire PER e CON i ragazzi sia una pratica che ogni giorno le permette di apprendere e contemporaneamente prendersi cura del futuro, in una continua sfida di cambiamento e crescita.
Interessata all’Incontro, alla Comunicazione, alla Partecipazione, pensa che il web sia oggi luogo fondamentale per sperimentare e confrontarsi su pratiche educative che prevedano la possibilità di creare legami e buone prassi innovative.
Sogna un mondo in cui educare e trasmettere, imparare e apprendere, non siano considerati ambiti separati, ma vissuti come unico processo di scambio e crescita reciproca tra giovani e adulti.
Attualmente educatrice in Centri di Aggregazione Giovanile e in progetti contro la dispersione scolastica, è iscritta alla L. M. in Scienze Pedagogiche dell’Università di Bergamo.

venerdì 28 marzo 2014

#pedagogiaepolitica - ALL'INTERNO DELL'INFERNO - Michela Marzano

Ogni mese il gruppo Facebook "Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti" propone un tema, una riflessione educativa, alla quale partecipare con un proprio contributo scritto. Una volta raccolti, quest'ultimi vengono ospitati e divulgati dal circuito blogger di Snodi Pedagogici

Il tema del mese di marzo: pedagogia e politica.

"La cura della polis attraverso le pratiche di accudimento sociali. Una dimensione politica dell'educazione che esiste, anche se il termine politica, oggi si confonde troppo spesso con "partito" e può spaventare. Politica ed educazione, invece: due facce della stessa medaglia. Perché se le pratiche educative non diventano cura dei territori e costruzioni di reti di significati sociali, l'educazione perde in partenza la sua sfida. Un'educazione che non ha bisogno dell'aggettivo "civica" per essere sostanziata. Perché educare è già un atto civico. L'educazione tras-forma l'umanità in cittadinanza".

Un tema che va oltre le classiche figure educative e che contempla chi nella società cresce, vive e in questa vede un'occasione da lasciare come eredità alle nuove generazioni.

Inoltre, Snodi Pedagogici, tiene a precisare che il percorso dei blogging day non è casuale, ma facente parte di un progetto culturale più ampio. Quest'ultimo si sta lentamente concretizzando e appena avremo alcune conferme ne daremo l'annuncio, chiedendo a chi ha partecipato fin dal primo se è d'accordo a prendervi parte.

Buona lettura.




#pedagogiaepolitica
ALL'INTERNO DELL'INFERNO
di Michela Marzano

 “L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà – scriveva Italo Calvino. Se ce n’e uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni e che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige apprendimento continuo: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Uno degli scopi più importanti dell’educazione, se prendiamo sul serio Italo Calvino, è proprio questo: aiutare a capire il mondo che ci circonda per determinare non solo i margini di libertà d’azione che esistono, ma anche gli strumenti da adottare per cambiare le cose che non vanno all’interno dell’“inferno che abitiamo tutti i giorni”. Educare, da questo punto di vista, significa creare cultura; creare cultura significa aiutare a trovare le parole per qualificare quello che si vive; trovare le parole significa darsi forza e resistere. Ecco perché politica ed educazione sono senz’altro due facce della stessa medaglia. Soprattutto quando si crede, come me, che lo scopo della politica sia quello di creare le condizioni per costruire un vivere-insieme giusto.
Solo il pensiero critico, come ci hanno insegnato tra gli altri Adorno e Arendt, permette di fare a pezzi i pregiudizi, gli errori, i compromessi, le scuse, l’oscurantismo, i ritardi e le ingiurie. Solo il pensiero critico permette di riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno – per riprendere ancora una volta Calvino – non è inferno.
Etienne de la Boétie, l’amico del grande Montaigne, ci ha spiegato i meccanismi della servitù volontaria. Ogni essere umano, infatti, aspira alla libertà. Ma chi non ha mai conosciuto la libertà, come fa a capire che la propria condizione di schiavitù non è il frutto della necessità o della natura ma solo quello della dominazione violenta e ingiustificata altrui?
Forse è per questo che, secondo me, politica ed educazione devono andare di pari passo. Permettendo a tutte e tutti di uscire dalla servitù volontaria di cui si è spesso prigionieri. È solo così che si potrà sperare di lasciare ai nostri figli un mondo migliore in cui la giustizia, la libertà e l’uguaglianza non siano solo parole vuote, ma si traducano concretamente nella vita di tutti i giorni per permettere a chiunque di contribuire al vivere-insieme.  
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MICHELA MARZANO (Roma, 1970) ha studiato alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia. Professore ordinario all’Université Paris Descartes, dirige una collana di saggi filosofici per le Edizioni PUF e collabora con “la Repubblica”. Dopo essere stata direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali (SHS - Sorbona), nel febbraio 2013 è stata eletta deputato del Parlamento italiano.

È autrice di numerosi saggi e articoli di filosofia morale e politica. In Italia ha pubblicato, tra gli altri, Estensione del dominio della manipolazione (2009),Sii bella e stai zitta (2010), Volevo essere una farfalla (2011), Avere fiducia (2012), L'amore è tutto: è tutto ciò che so dell'amore (2013).

twitter @MichelaMarzano
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giovedì 27 febbraio 2014

#pedagogiaescuola - Ricevo il lunedì

Ogni mese il gruppo Facebook "Educatori, Consulenti pedagogici e Pedagogisti" propone un tema, una riflessione educativa, alla quale partecipare con un proprio contributo scritto.
Una volta raccolti, quest'ultimi vengono ospitati e divulgati dal circuito blogger di Snodi Pedagogici.

Il tema del mese di febbraio: Pedagogia e Scuola

"Con l'ingresso nel circuito scolastico i bambini smettono di essere “esclusiva proprietà” delle famiglie ed entrano a pieno diritto nella società come soggetti. Subito dopo il contesto educativo per eccellenza (la famiglia) è la scuola il luogo in cui bambini e ragazzi passano la maggior parte del loro tempo.
Come e quanto viene percepito dalla scuola e dai suoi attori il ruolo educativo che viene loro chiesto? Qual è l'anello mancante nel processo insegnamento-apprendimento? Come vivono la scuola coloro che ci lavorano?”

Buona lettura.




#pedagogiaescuola
RICEVO IL LUNEDÌ

di Cristina Maggi

A settembre, come tutti gli anni, la scuola dove insegno francese mi chiese di comunicare il mio orario di ricevimento e io scelsi il lunedì alla quarta ora. Finora, i 60 minuti più solitari dell’intera settimana. Non capisco. So che l’80% dei miei alunni non userà mai più una parola francese dopo le scuole medie, ma non è questo il punto. Il confronto coi genitori mi è necessario proprio perché ho molti alunni e poche ore da passare con ciascuna classe: come posso sfruttare al meglio questo tempo con loro non solo come professoressa ma soprattutto come educatrice, se non so quasi nulla di loro? La famiglia e la scuola sono i principali sistemi educativi nella vita di un ragazzo in età scolare, la comunicazione è indispensabile! Grazie ai colloqui vengo a conoscenza di piccole e grandi difficoltà, potenzialità, aspirazioni, desideri, curiosità, preferenze e soprattutto paure. Per me è importante sapere come relazionarmi in certi casi.
Per esempio, dopo aver avuto un colloquio con la mamma di L., ho scoperto che l’alunna è in questione è ancor più timida di quel che immaginassi, e che l’idea di parlare una lingua straniera davanti all’intera classe la paralizzava. D’accordo con la madre, che da qualche mese la incoraggia (obbliga?) ad alzare la mano quando si sente pronta, per qualche settimana ho interpellato L. solo quando era lei a volerlo. E infatti, in meno di due mesi, L. ha acquisito sicurezza e adesso, quando la chiamo “a sorpresa”, riesce a lasciarsi andare quel tanto che basta per parlare un francese corretto, anche se sussurrato. Per me è un risultato enorme.
Ogni colloquio è stato un successo. L’interazione tra scuola e famiglia rappresenta non solo un utile momento di confronto, ma anche un atto di “legittimazione”:  vedendo che i genitori danno importanza a un docente, a tal punto da volerlo incontrare, lo studente è portato a non sottovalutarne il ruolo e, soprattutto, si sente scoraggiato dal raccontare bugie (o dall’omettere certe verità), che verrebbero comunque scoperte nel corso del colloquio. 



Il fatto che mi sconcerta di più è la leggerezza con cui molti ragazzi si propongono di affrontare la scuola media: non sono disposti a sacrificare il loro tempo libero per dedicarsi a uno studio approfondito e costante. Spesso, interrogandoli, riesco a ricavare solo qualche informazione rimasta impressa dopo la spiegazione in classe. Molti studenti fanno gli esercizi a casa col libro aperto alla pagina della spiegazione senza aver prima studiato; qualcuno cerca di studiare l’intero capitolo il giorno prima della verifica. In questi (numerosi!) casi, l’interazione tra scuola e famiglia è indispensabile: solo così la situazione può essere affrontata con efficacia e trasparenza.
Collaborazione! Siamo alle prese con la generazione dello smartphone, della banda larga, della tecnologia veloce, del tutto e subito. Questo sicuramente apre la mente a un sacco di nuovi stimoli, ma scoraggia davanti all’impegno e ai sacrifici per ottenere qualcosa. Come dimostra questo dialogo tra me e A., una mia alunna, durante una verifica:

A: prof, ma questa verifica è difficilissima, non riesco neanche a capire cosa devo fare!!!


io: hai letto la consegna?

A: no vabé non ancora, ma si vede che è difficile, ci sono un sacco di spazi vuoti, devo scrivere tutto io!!!

Educare è faticoso, difficile, e spesso ci pone nell’odiosa condizione di essere nei panni del cattivo che sgrida, urla, nega.  Joseph Joubert, un famoso filosofo francese, diceva che “Educare è un modo di amare”. La famiglia lo sa, che educando un figlio compie l’atto d’amore più grande che si possa immaginare. E lo sappiamo anche noi docenti che amiamo il nostro lavoro. Per questo apprezziamo ogni collaborazione, ogni informazione, ogni colloquio con voi genitori. Venite a trovarci! Io ricevo il lunedì ;-)

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Cristina Maggi, insegnante di lingue, inizia a lavorare come supplente nel 2006, innamorandosi istantaneamente e follemente del lavoro di professoressa. Nel frattempo continua i propri studi e si laurea in Lingue e Letterature Europee e Panamericane all’Università degli studi di Bergamo, specializzandosi in Lingua e Letteratura francese. In questi anni di insegnamento ha avuto la fortuna di incontrare gli studenti più incredibili del mondo, e grazie a loro si convince ogni giorno che questo è davvero il lavoro che vuole fare “da grande”.


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