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mercoledì 16 gennaio 2013

che cosa ci dicono #letroiedellamiascuola

è da stamattina che cerco di scrivere questo post ma non è un post semplice, non è una riflessione veloce di quelle in cui hai la visione lucida ma una serie di domande che si susseguono, teorie e confutazioni per provare ad articolare il tema.

provo a partire da qui:
fino a qualche ora fa stava ancora impazzando #letroiedellamiascuola su twitter, ora sembra ci sia calma piatta. o forse domani hanno tutti un compito in classe e sono andati a dormire. bene, bravi. dormite che vi fa bene. non come me che sono qua a pensarvi e a pensare a cosa vi sta passando per la testa a tutti voi, car* ragazz* che non leggerete mai questo post.
è che vorrei capire alcune cose:
1. è colpa di twitter che ha 140 caratteri e un nick name? che costringe alla sintesi, senza emoticon e che protegge con l'anonimato?
2. a chi volete far sapere che cosa fanno o come sono #letroiedellamiascuola?perchè non è che dite: xy fa cosi. no, generalizzate, dunque state parlando con tutto il mondo, ma con nessuno in particolare.
3. ma siete voi che twittate che siete le vittime di una cultura che porta a definire bene e male in modo netto o lo sono quelle che voi definite "troie"? o entrambi? e da dove nasce questo spartiacque?
ovviamente non da voi. ovviamente la responsabilità è nostra (generalizzando, ovviamente). ovviamente siamo noi che non riusciamo ad insegnarvi a fare i conti con la vostra affettività, con il vostro corpo, con il rapporto con gli altri.
vero, verissimo.
ma forse, non è che è proprio per questo, non certo dichiaratamente (lo so, lo so che non mi risponderete mai "si!" )ma non è per questo che lo fate?
ho infatti il dubbio che ci state urlando che avete bisogno di noi in quanto adulti che vi diciamo: ma ti pare il modo di fare? e a che scopo? ma tu, se fossi dall'altra parte come ti sentiresti? e da questa parte, dopo che hai scritto un twitt simile, come stai?

sarebbe interessante capire cosa è per voi la "norma" quando si va a scuola.
i twitt parlano per lo più di ragazze che si vestono un po' leggerine (o affette da un problema di termoregolazione); parlano di ragazze che si truccano parecchio; parlano di ragazze che "baciano chiunque". quanto mi piacerebbe sapere non quello che mostrano ma quello che pensano queste ragazze. magari ce ne meraviglieremmo. magari no...ma non lo posso dare per scontato.
e per me è sempre più importante l'essere e il pensare dall'avere e mostrarsi.
ma certo è che è che da qualcuno avrete imparato.
ma forse, e qui azzardo, avete anche imparato a chiedere aiuto: non state dicendo che avete bisogno di noi e se non rispondiamo, ci perdiamo anche questo treno per insegnarvi qualcosa?

qui entra credo in gioco lo strumento, il media che utilizziamo. perché noi (gli adulti)- mi è piaciuto molto l'articolo tempestivo di Luca Padovano- scriviamo post sui blog, al massimo su fb ma twitter lo utilizziamo per altro. e invece lì voi scrivete e per agganciarvi dobbiamo scegliere un territorio comune. e siamo onesti: chi è l'adulto della situazione? siamo sicuramente noi che vi dobbiamo offrire un'occasione di incontro.
in realtà ce ne proponete già un'altro: che effetto farebbe una lezione in classe domani sull'argomento? certo, meno plateale, ma sappiamo (lo sappiamo??) che le relazioni hanno bisogno di un luogo di incontro tra due soggetti per essere efficaci.
dunque benissimo scrivere qui, ma agire, muovere, parlarne con i ragazzi nei luoghi in cui li si incontra, non sarebbe un male.
certo, dobbiamo sapere di cosa e come parliamo.
noi (gli adulti) lo sappiamo??

lunedì 5 novembre 2012

connessione

Ho appena visto il video della Zanardo SENZA CHIEDERE IL PERMESSO che consiglio caldamente di vedere (e rivedere) e mi viene nella testa un'idea.
Forse più un abbozzo, un grumo d'idea.
Che ci sia bisogno di connettere, di mettere in connessione le preoccupazioni, i pensieri e le parole di chi si sta occupando di adolescenti e giovani a vario titolo provando a vedere partendo dal proprio ruolo per guardare a questa (ricca) generazione che ci sta alle spalle.
La Zanardo dice, correttamente, che sono molto molto preoccupanti i dati incrociati tra i giovani che ne studiano ne lavorano: la letteratura anglosassone li definisce NEET (Not in Educational, Employment or Traning), a me non piace molto ma sto ancora cercando un nome che mi paia adeguato.Ecco che questi ragazzi non li si può incontrare come fa la Zanardo (ma anche Gherardo Colombo o Cavalli sul tema della legalità) nelle scuole. Questi ragazzi, se ci interessano, li dobbiamo incontrare fuori da scuola e fuori da scuola, nelle serate pubbliche non li troveremo mai. Li si incontra invece in quei servizi e progetti che "abbassano la soglia" occupandosi del tempo libero (che è un paradosso, diciamocelo!) e che (però) costruiscono per molti di loro l'unica realtà dove incontrare adulti al di fuori delle mura domestiche.

In una di queste realtà, un mese fa, abbiamo organizzato GIOVANI SGUARDI AL FEMMINILE, una serata per parlare degli sguardi, delle parole, dei pensieri sul femminile che hanno i ragazzi e le ragazze. Abbiamo inoltre chiesto alle associazioni del paese di contribuire da adulti immaginandosi cosa potessero o volessero dire ai giovani attorno al tema.
Il risultato è stato una serata con una sessantina di persone presenti di cui una ventina di ragazzi.
I ragazzi hanno mostrato una grande voglia di prendere parola attorno ad un tema non certo semplice e di dire agli adulti presenti come loro "sono" e qual'è la realtà delle relazioni tra i due sessi.

Tra pochi giorni, in un comune vicino, presenteremo il cortometraggio A CORTO D'IDENTITA' scritto, interpretato e coralmente diretto da un bel gruppo di ragazzi con la mano esperta di un regista, di un fotografo e di un tecnico del montaggio. L'abbiamo guardato in anteprima con i protagonisti la settimana scorsa e la reazione a corto finito è stata, oltre che di sorpresa per come era venuto, di cercare di spiegare cosa avevano fatto e quale rappresentazione di se hanno dato. "il corto ti lascia li a chiederti come sono i ragazzi d'oggi, come un punto di domanda...alla fine non lo sappiamo bene neanche noi come siamo..."

L'intuizione che mi viene è che progetti come questi avrebbero bisogno di un respiro che vada oltre al proprio "orticello". Non so in che forma, ma sarebbe interessante provare a connettersi, intrecciarsi, meticciarsi con altre esperienze per amplificare queste voci e per dare ai ragazzi la possibilità di fare esperienze altre, di veder tese altre mani, di adulti che hanno voglia di aiutarli a crescere.
Creare una rete di adulti che crede in loro sarebbe proprio una bella novità...