mercoledì 25 novembre 2015

Pillole di Educazione

 Dal 16 novembre al 24 dicembre 2014 ho cercato di pubblicare ogni giorno un piccolo racconto di ciò che accade, le riflessioni e i pensieri che quotidianamente guidano il mio lavoro educativo. Una bella sfida perché spesso, tornando a casa dopo tante giornate piene zeppe di lavori in posti diversi, con tante persone differenti, non si ha il tempo materiale di mettersi a scrivere, o la lucidità necessaria per produrre qualcosa di leggibile dagli altri.
Sono nate così 16 pillole che ho condiviso sui miei profili Facebook e Google+ e che ora, a un anno di distanza, raccolgo sottoforma di librino. Io me ne stampo una copia, e la tengo li, tra i miei lavori.
Se ne volete stampare una copia anche voi, contattatemi che vi invio volentieri un comodo pdf. Se volete farlo vedere ai colleghi, amici e a chi pensate possa essere interessato, ve ne sarò grata! condivido questi pensieri e riflessioni in Rete nell’ottica di far circolare pensiero, riflessione e magari stimolare altre iniziative che promuovano la diffusione di cultura attorno all’educazione professionale su Internet.
E se vorrete commentare, dirmi cosa ne pensate, sapete dove trovarmi.

Buona lettura!

Ah! Ho pubblicato integralmente quello che ho scritto di getto. E’ possibile che incontriate errori ortografici e, soprattutto, imprecisioni nelle maiuscole all’inizio di ogni frase: lasciatemi questa licenza poetica! Merci!


>>guarda qui!<<

giovedì 24 settembre 2015

Assalti al Cielo e Ritirate Strategiche. Sguardi sul lavoro educativo

Riflessioni
sguardi
intrecci
pensieri
dove va il lavoro educativo oggi?
quali direzioni intraprende visto il contesto nel quale viviamo?
come si coniugano nella pratica i tagli ai servizi alla persona e i bisogni delle persone in questo periodo storico, qui, in Italia?

queste domande hanno guidato un gruppo di educatori, coordinatori e responsabili di organizzazioni che si occupano di educazione in un percorso di due anni. Coordinati dal prof. Tramma dell'Università degli Studi di Milano - Bicocca, facoltà di Scienze dell'educazione, si è pensato di poter allargare queste riflessioni ad altri colleghi, ad altre organizzazioni per poter avere una fotografia complessa, non banalizzata ne ritoccata ma realistica di quello che è la realtà dei servizi educativi attuali da portare ad un incontro con le istituzioni politiche che necessariamente si interfacciano con i servizi e che decidono del futuro dei servizi.

nasce così l'idea di un convegno di due giorni con interventi preparati e una buona parte di riflessione e di "lavoro" collettivo: quattro workshop su quattro tematiche.
il filo rosso, teso magistralmente dal prof. Tramma, è rinchiuso nel titolo:

ASSALTI AL CIELO e RITIRATE STRATEGICHE. Sguardi sul lavoro educativo
 
il programma è online.
la partecipazione è gratuita ma è consigliata la prenotazione compilando il modulo di iscrizione che si trova sul sito.

e se guardate, in fondo, nel gruppo di progettazione, ci sono anch'io.

sabato 29 agosto 2015

Zone d'ombra e luce

Zone d'ombra e luce è il titolo dell'elaborazione e analisi di due ricerche su ragazzi e nuove tecnologie che ho realizzato per l'Università degli Studi di Bergamo, corso di laurea Scienze Pedagogiche a cui sono iscritta.

Le ricerche che ho analizzato sono:
  • Giovani e nuovi media: dinamiche relazionali e pratiche di consumo digitali di Gabriele Qualizza, Alessandro Ventura e Claudio Sambri, Università degli Studi di Trieste
  • I media digitali nella vita dei sedicenni delle scuole del Trentino: usi e competenze di Marco Gui, Marina Micheli e Chiara Tamanini, Iprase

Potete sfogliare e leggere il documento qui >> Zone d'ombra e luce


ps: Se vi interessasse utilizzarne delle parti vi chiedo la cortesia di essere preventivamente contattata e di aspettare una mia risposta. Grazie

giovedì 2 aprile 2015

BANANA: adolescente anomalo?









Martedì sera mi sono concessa un film: BANANA di Andrea Jublin (Italia, 2015) .

Film italiano sugli adolescenti ma decisamente dedicato al mondo adulto, #Banana è il soprannome di un ragazzino che nel gioco del calcio viene sempre messo a fare il portiere dai compagni, perché la palla la tira sempre fuori, ma che non rinuncia al sogno di ricercare la felicità, che lì sul campo da gioco è riuscire a fare goal.

Banana, maglietta gialla del Brasile, per questo sogno non si ferma davanti alle botte dei compagni quando immancabilmente la palla da lui calciata finisce oltre il muro e ritorna immancabilmente bucata. 

Film costellato da personaggi adolescenti che vestono panni di adulto molto comuni: il violento, quello attaccato ai soldi e col mito della macchina, la ragazza pluri-bocciata ma molto trendy e "gettonata" dai maschietti, dai quali si lascia "consumare" e che non capisce come sia possibile che Banana la voglia aiutare nello studio senza volersela portare a letto.
Film costellato anche da adulti grigi, rassegnati, senza sogni, con relazioni vuote, arcigni e cinici.
In questo mondo Banana non rinuncia al suo sogno, ovvero ricercare la felicità, come dichiara nel tema di italiano, nonostante le botte e le fregature che gli tornano indietro.

Banana dunque che adolescente è? Difficile dirlo, nel contesto della pellicola si può inquadrare, ad una prima lettura, come adolescente anomalo, impermeabile al grigio, sicuramente un sognatore..ma più che sognatore..
..Quando all'ennesima nota sul registro presa per aiutare Jessica nell'interrogazione, la professoressa di Italiano gli chiede: "ma perché lo fai? perché rischi così?",
Banana risponde di aver giurato che nel mondo non fanno tutti schifo.

Giuramento che più che speranza è una promessa, una dichiarazione di impegno e di responsabilità che scarta la logica costi-benefici/ "do ut des", in cui tutti gli altri personaggi sono invischiati, diventando inesorabilmente grigi e tristi.
Provando ad uscire da questa logica, puramente economica e quantitativa, per approdare ad una logica qualitativa, valoriale, etica, allora Banana non può che rivelarsi quale è: un eroe che lotta per i propri sogni, che non si piega ad una realtà grigia e che riesce, una goccia nel mare, a strappare un sorriso e un cambiamento nella cinica professoressa, che ritrova interesse all'ascolto e all'incontro con l'altro.

Secondo questa logica allora Banana non appare più anomalo, ma l'unico vero adolescente del film: l'unico a credere in modo autentico nell'amicizia, nell'amore, nelle promesse, nei sogni, nella relazione con le "persone speciali", mentre tutti gli altri sono adolescenti adultizzati troppo presto e, di più, imbruttiti troppo presto. Come forse spesso accade.

Allora posso dire, con la consapevolezza che oggi alcuni adolescenti sono grigi, che riesco a vedere una adolescenza ancora capace di sognare e di portare colore, anche se il colore in mezzo al grigio può risultare anomalo. 
Anomalo sì, ma rispetto a logiche a cui non voglio a cui non intendo necessariamente aderire e spero e sogno..anzi prometto..di riuscire sempre a valorizzare negli adolescenti che incontro quel po ' di Banana che riconosco in loro.

Un altro mondo è possibile come dichiara il cartellone pubblicitario che fa da sfondo alle confidenze tra Banana e Jessica.

martedì 17 marzo 2015

educazione: narrazione vs efficacia

perché scrivere di Educazione è un tema che ho già trattato qualche mese fa qui
Ora mi interessa soffermare l'attenzione su un altro aspetto:
che rapporto c'è tra narrazione ed efficacia delle pratiche educative?

Uno degli assiomi fondativi per l'educazione professionale è l'importanza della narrazione di ciò che accade.
Questo aspetto viene ritenuto importante perché quando si narra si assolve ad una duplice funzione: a quella autoformativa per chi scrive se ne affianca una formativa che permette, anche a chi legge, di poter comprendere, analizzare, sviscerare, rileggere, fare un lavoro di meta-pensiero attorno ai concetti e alle pratiche descritte.

Mi viene allora da pensare che la scrittura di ciò che accade dentro i servizi educativi ha una grandissima possibilità: il web sta ancora una volta mostrando che la narrazione è importante perché narrare permette a chi non era in scena di comprendere ciò che accade, permette di sentirsi parte, permette di riconoscersi nelle parole, nelle immagini che i racconti scaturiscono.

Affianco allo storytelling che tante aziende attuano perché è 
L'arte del raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva - Andrea Fontana
l'educazione professionale può, anzi, deve mostrare uno scarto: non narro per persuaderti ma narro perché ciò serve a comprendere
I servizi educativi fanno fatica ad assolvere a questa funzione.
Ma non è così veramente possibile raccontarsi restituendo alla comunità almeno l'idea di ciò per cui si è pagati con (per la stragrande maggioranza delle situazioni) soldi pubblici?

Se l'efficacia è definita come 
la capacità di raggiungere un determinato obiettivo - diz. Albanesi
narrarsi permette di tracciare il percorso, di far vedere le complesse curve, le salite e le discese, della strada che si sta affrontando, a volte permette di mostrare paesaggi inediti.
Reportage fotografici fatti di immagini e parole degli operatori, degli utenti, dei partners che vogliono, giustamente capire.
Tutta questa narrazione può permettere di rendere evidenti e pubbliche le sfaccettature dell'educazione professionale spesso difficilmente mostrabili in diretta, mentre accadono.

L'efficacia dunque richiesta da parte dei committenti e della cittadinanza è secondo me la deriva che si è presa per cercare di capire quello che accade nei servizi e nei progetti educativi.
Forse è possibile, e maggiormente interessante, mostrare passo passo ciò che si fa, senza "denudarsi", ma permettendo a chi legge di comprendere meglio le azioni di cura, le strategie educative scelte intenzionalmente e il valore che ha quell'intervento.

A seguito di un massiccio uso intelligente della narrazione, forse la smetteranno di chiederci di essere più efficaci e ci chiederanno di raccontar loro delle storie che li rendano partecipi.
E noi di storie ne abbiamo da vendere.

graffito c/o Stazione Garibaldi - Milano



venerdì 23 gennaio 2015

Comunità e famiglie

Nella comunità Mulino di Suardi situata nella Lomellina, in provincia di Pavia, una bella cascina ristrutturata accoglie 20 ragazzi tra i 14 e i 20 anni; 16 di loro sono minori stranieri non accompagnati, 4 invece arrivano con una precedente penale alle spalle.
In questo servizio lavorano 11 operatori che oggi hanno partecipato alla formazione. Provenienti da percorsi formativi differenti, con storie professionali molto variegate, mi trovo a condurre una formazione di un gruppo attento, che ha bisogno di essere un po' scaldato, ma che poi non si risparmia nel contribuire a costruire, a raccontarsi nel percorso professionale per comprendere meglio che direzioni si sceglie ogni giorno di intraprendere.
"parafrasando Marquez, la nostra specie racconta per vivere, altrimenti non saremmo qui. Dunque tirar fuori (ex-ducere) un'esperienza da se stessa e trasformarla in una storia per tutti, è un compito evolutivo fondamentale tanto quanto riprodursi biologicamente" (I. Salomone, Il Segno dell'Altro)

Il tema di cui mi devo occupare è il rapporto tra comunità per minori e famiglie
Parlare delle famiglie all'interno di comunità per minori sembra un paradosso: ciò che i ragazzi (o i bambini) lasciano fuori dalla porta è proprio una famiglia. E' una condizione di vincolo.

Costruire contesti familiari è, d'altro canto, necessario sia per l'età dei minori presenti nelle strutture, sia, un mandato istituzionale: è possibile costruire cura, in un contesto professionale, senza lavorare sulla familiarità del luogo, delle azioni messe in campo, delle relazioni tra educatore e utente?

Nel praticare educazione in una comunità, quali culture familiari si trasmette ai suoi utenti, spesso provenienti da paesi extracomunitari, a volte vicini e a volte distanti, geograficamente o culturalmente?

Come la comunità permette di lavorare sul rapporto minore e famiglia d'origine? quali pratiche mette in campo a sostegno?

Quale lavoro di decentramento e ri-centramento devono fare quotidianamente gli educatori per non sostituirsi ai padri e alle madri mancanti tenendo al centro il proprio mandato professionale?

Se il compito delle comunità per minori è quello di proteggere il minore e fargli sperimentare nuove possibilità di vita e di benessere, gli operatori del piano relazionale e familiare devono tenere conto, ogni giorno.
"per far si che il ragazzo diventi protagonista attivo del suo cambiamento, l'educatore deve proporsi come perturbatore strategicamente orientato che offrendo informazioni e provocazioni faccia leva sui processi autogenerativi di rinnovamento dello stesso ragazzo. Più che offrirgli giudizi compiuti sulle sue esperienze biografiche, l'educatore deve soffrire percorsi di interpretazione e soprattutto provocazioni a ripensare la realtà attuale, passata e futura alla luce di quelle nuove modalità di approccio al mondo acquisite durante la vicenda rieducativa"  (P. Bertolini, L. Caronia; Ragazzi Difficili. pedagogia interpretativa e linee di intervento).

Questa è la traccia di lavoro che ho articolato nel primo incontro di formazione per gli operatori delle comunità per minori Mulino di Suardi con i quali abbiamo sviscerato il tema e messo a fuoco ciò che viene trattato nel loro contesto e quali pratiche sostengono i pensieri. Nella foto trovate i testi da cui ho preso spunto per alcune citazioni.

Nel prossimo appuntamento di febbraio andremo a ragionare attorno a sperimentazioni possibili, innovative, differenti da mettere in campo e alle fatiche che questo tema richiede agli operatori.

lunedì 5 gennaio 2015

Punto di svolta

Che poi tutto è partito da uno sguizzo, un'idea che mi ha attraversato la testa in una mattina di lavoro tranquillo e mi ci sono buttata. A capofitto.


Come se avessi visto un mare luccicante e, nonostante non fosse stagione, la voglia di un tuffo, di quelli dall'alto con qualche metro di vuoto tra terra e acqua (che tra l'altro non faccio più da anni, sigh!) è stata irresistibile. E mi sono buttata, senza pensarci troppo: ho scritto dal  17 novembre al 23 di dicembre 2014 un post (quasi) al giorno sul mio lavoro. 
Li ho pubblicato sui miei profili di Facebook e Google+ accompagnati da foto scattate "sul campo": alla fine sono nate 18 pillole che parlano di educazione e piccole riflessioni pedagogiche.

Il risconto è stato positivo: molti mi piace ad ogni post, alcuni accompagnati da commenti ed interazioni decisamente stimolanti. 

Mi sono presa questi giorni di vacanza per mettere a posto le idee, per fare il punto della situazione e per partire con il piede giusto: un piccolo esperimento di piano editoriale.

Metterò a posto questo blog, lo curerò nei contenuti e cercherò di mantenere il piano delle interazioni sui Social Network interessanti per voi. 

Volete un'anteprima?
Scriverò di progettazione dei servizi educativi, di lavoro con i ragazzi, di sviluppo di gruppi genitoriali e del volontariato. 
Vi sembra interessante?