lunedì 3 febbraio 2014

legalità/illegalità #2


entrare in una scuola è varcare una porta, salutare i bidelli, salire un paio di rampe di scale, aprire una porta o trovarla già aperta con i ragazzi dentro che ti aspettano.
che ti aspettano???!??
non so.

io arrivo, il mio progetto esterno, due volte in ciascuna classe e due o tre "paggi" di quinta a fare da peer educators.
una scuola come tante, carica di testosterone per l'indirizzo che ha, con ragazzi che dovrebbero essere all'università ma sono in seconda, in terza.
una scuola fuori dal tempo per le materie che insegna, per il nome che ha.
ma i ragazzi, quelli dentro, quelli che fanno la scuola insieme ai professori, quelli sono perfettamente in tempo.

il percorso si chiama Devia: è partito lo scorso anno dall'idea di un ragazzo di quarta che parlando con una professoressa ha chiesto se non era possibile fare qualcosa per il bullismo che lui vedeva dilagante nella scuola.
la professoressa raccoglie la palla, chiede in comune se c'è qualcosa e una collega varca la soglia.

e trova un mondo di possibilità per parlare di un argomento scomodo che partendo dal bullismo arriva a ragionare attorno a ciò che c'è di legale e di illegale nel mondo che li circonda, a partire dalla scuola.
questa è una scuola che a loro piace per lo più: la dimensione laboratoriale, i progetti che entrano a scuola, un gruppetto di professori che ci credono molto, un bidello simpaticissimo.

in pochi mesi prima e dopo l'estate, con un gruppo di ragazzi "grandi" si è ragionato attorno al tema della legalità (e dell'illegalità). si è parlato di bullismo, di sostanze, di web per arrivare alla conclusione che il clima di classe incide molto sia sul rendimento dei singoli (sul successo formativo, diremmo noi) sia sul benessere della persona. e che "se uno sta bene, di cazzate ne fa meno, almeno."

con i grandi si è ragionato anche attorno al tema della responsabilità e con questo della necessità di "formare" gli altri compagni. sono stati così realizzati dei piccoli percorsi in ogni classe con temi e modalità differenti tra prima, seconda e terza. i grandi a fare da tutor del percorso, un educatrice in classe a condurlo. pensare, pensarsi. capire cosa si fa e come si sta. e che le due cose sono collegate.

ma cosa c'entra tutto ciò con la legalità?
quella è stata la dimensione sempre discussa sulla quale ci siamo (classe, tutor ed educatrici) affacciati: cos'è quel confine tra legalità e illegalità? com'è fatto? cosa c'entra con la scuola?

abilissimi a trovare ciò che di illegale li circonda, soprattutto quando sono le istituzioni che conoscono che le attuano (la scuola, il comune, l'associazione sportiva,...) faticano a vedere il proprio pezzo e ciò che è quotidiano: "si va bhe, ma quello è normale!"

ma la fatica maggiore è guardare in prospettiva, ad un futuro che non sanno e che nessuno li aiuta a vedere: pochi sogni nei cassetti, tanti desideri immediati e parole di canzoni che colpiscono per l'intensità e per la rapidità.

ma forse, anche questo furto di sogni, non è illegale?



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il percorso Devia è stato realizzato all'IPSIA di Melzo da Progetto Itinera. Progetto Itinera si occupa di ragazzi tra gli 11 e i 18 anni ed è frutto della coprogettazione tra due comuni (Melzo e Liscate -Mi-) e un'Ati composta da tre realtà (Coop. Milagro, Coop. Spazio Giovani, Parrocchia S.M. delle Stelle di Melzo)




lunedì 27 gennaio 2014

#educazionenaturale - il valore di un caffè



viene proposto ai membri un tema educativo.
Chi raccoglie la sfida scrive un articolo al riguardo. I contributi, poi, vengono ospitati nei blog presenti in Snodi Pedagogici  e divulgati nei vari social con un hashtag particolare in un determinato giorno.

Questo mese, gennaio, tocca a "l'Educazione nasce naturale", tema lanciato da Alessandro Curti nell'assemblea  del 16 novembre, svoltasi a Milano.
Cosa ne pensano i genitori dell'educazione?

"L'educazione nasce in un ambito naturale, la famiglia, il gruppo, il clan, la tribù, in cui era necessario che i grandi insegnassero ai piccoli quello che occorreva per vivere. Poi la società si è fatta più complessa è le figure educative si sono moltiplicate e in alcuni caso si sono professionalizzate per supportare quelle naturali. Ma ancora oggi la prima istanza educativa nasce nelle famiglie, nei gruppi familiari, negli spazi di socialità naturali...."

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 IL VALORE DI UN CAFFè

di Paola Torres


Paesaggi nuovi, nuovi volti, nuove emozioni. In più il momento di diventare mamma era arrivato. La mia prima preoccupazione: “Chi mi affiancherà in quest’avventura?” C’era papà, ci’erano i nonni, ma mi rimaneva la sensazione che oltre a queste figure indispensabili qualcosa ancora ci servisse. Capirlo non fu’ immediato, ma ormai l’avventura era già partita. Così andando di qua e di là ho scoperto che in un semplice gesto quotidiano si nascondeva uno spazio meraviglioso. Andare a prendere il caffè insieme ad altri genitori, quello spazio attorno al tavolo dove si intrecciano chiacchiere, storie, esperienze, confronti, lezioni...

Capita spesso di pensare che i luoghi dell’educazione siano limitati a certi spazi o a certe figure. Ci siamo abituati a pensare che l’Educazione sia una cosa lontana, identificandola e confondendola troppo spesso con l’istruzione, dimenticando che i più grandi apprendimenti non nascono nelle scuole e che il bagaglio di esperienze che riempiamo ad ogni passo della nostra esistenza fa di noi gli adulti che siamo. Esperienze come quella attorno ad un tavolo…

Tanti ponti in sospeso… però credetemi, quello che provo quando parlo alle mie figlie e pretendo di insegnargli qualcosa, è una sensazione di smarrimento. Anch’io sono stata piccola e allora gli adulti sembravano una cosa troppo lontana e irraggiungibile, per la loro dimensione, per le loro parole, per i loro interessi. Adesso mi trovo al posto dell’adulta ma senza la certezza di aver raggiunto quello che da piccola mi sembrava lontano. Magari perché mi sento sola e allora mi sovviene il tavolo con sopra una tazza di caffè e chi ci sta attorno, e risuona in me il detto africano, ascoltato qualche tempo fa, che recita :

Ci vuole un intero villaggio per far crescere un bambino”.

E mi ricredo, e prendo coraggio. Perché quando ero piccola, il villaggio era la grande città in cui sono cresciuta, le mie distanze erano gigantesche; piccola come sono, ho conquistato i miei posti e anche loro hanno conquistato me. E spero che i bambini di oggi possano conquistare con le proprie forze i loro posti, le loro emozioni, i loro compagni di strada. Perché sono sicura che la parola “chiave” del terzo millennio sia La Rete. Abbiamo fin tropo presente il concetto delle reti virtuali (Internet, blog, social network)... ma stiamo dimenticando la rete sociale che si costruisce nel quotidiano, negli incontri di tutti i giorni per strada, in piazza, in casa chiacchierando, con le nostre esperienze e i nostri passi. Mi piace sapermi una mamma che il mattino condivide una rete attorno ad un tavolo, dove si ha il coraggio di confrontarsi e credere nelle persone, due strumenti per camminare insieme. Come scriveva quell’uruguaiano parlando dell’Utopia…
Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare.” Eduardo Galeano.

E camminando insieme, costruiamo il villaggio (mondo) dove facciamo crescere i nostri bambini.
Ringrazio le mamme che sanno condividere un caffè!




Paola Torres, insegnate di lingue, nasce in Colombia dove cresce e studia laureandosi in lingue straniere all’Università Pedagogica di Bogotà.
Due anni di studio e lavoro a Parigi ed un master europeo in intercultura, gli fanno conoscere l’Europa di cui rimane innamorata... e poi anche intrappolata.
In Italia prosegue il suo lavoro nell’insegnamento, nella pratica più che come istituzione, concentrandosi da 5 anni (quasi 6) nell’arduo compito di mamma, nell’ambito del quale ha l’opportunità di sperimentare sul campo gli studi approfonditi sulle teorie del bilinguismo precoce.


Galleggia tra l’utopia e il sogno di un mondo migliore e lavora ad aprire le porte per farli entrare nel mondo reale.

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i disegni di questo post sono di Paola Torres e di sua figlia.

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#educazionenaturale - Educazione si scrive in verticale



viene proposto ai membri un tema educativo.
Chi raccoglie la sfida scrive un articolo al riguardo. I contributi, poi, vengono ospitati nei blog presenti in Snodi Pedagogici  e divulgati nei vari social con un hashtag particolare in un determinato giorno.

Questo mese, gennaio, tocca a "l'Educazione nasce naturale", tema lanciato da Alessandro Curti nell'assemblea  del 16 novembre, svoltasi a Milano.
Cosa ne pensano i genitori dell'educazione?

"L'educazione nasce in un ambito naturale, la famiglia, il gruppo, il clan, la tribù, in cui era necessario che i grandi insegnassero ai piccoli quello che occorreva per vivere. Poi la società si è fatta più complessa è le figure educative si sono moltiplicate e in alcuni caso si sono professionalizzate per supportare quelle naturali. Ma ancora oggi la prima istanza educativa nasce nelle famiglie, nei gruppi familiari, negli spazi di socialità naturali...."

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 ‪#‎educazionenaturale‬ 
EDUCAZIONE SI SCRIVE IN VERTICALE
ovvero l'educazione nasce intenzionale 
di Marta Galbiati

 

"Si però, mi raccomando, non organizzare una cosa da oratorio..."
Passa da questa strettoia una delle prime riunioni per pensare un doposcuola per i ragazzi della secondaria e poi rapidamente si scivola in una sistematizzazione di tempi, rapporti numerici, spazi, tecniche ...
... ma nella pancia continuano ad agitarsi quelle "cose da oratorio", sì, perché alle "cose da oratorio" da sei anni e mezzo a questa parte ho dedicato la mia professionalità e una buona fetta della mia vita e proprio che "da oratorio" significhi superficiale, non pensato o di poca qualità solo perché agisce molto sull'informalità, proprio non mi va giù!
Così poco più tardi rimasta sola nel mio ufficio lascio che le "cose da oratorio" migrino dalla pancia alla testa, tanto più che mi pare si intreccino bene con il titolo del cross-blogging "l'educazione nasce naturale" che da qualche giorno si è affacciato su Facebook.
La mia è un'esperienza professionale in un universo di volontariato, punto di sintesi e di rilancio tra chi a diverso titolo nella comunità si impegna per far crescere "buoni cristiani e onesti cittadini", ovvero per aiutare i più giovani ad aprirsi alla propria vocazione, che è il modo con cui da sete parti diciamo che ciascuno deve trovare la propria strada per crescere felice insieme agli altri.
Credo che la palestra per l'arrampicata che vedo dal mio ufficio sia una buona immagine dell'impegno educativo, di quello degli spazi informali dell'oratorio, come quello dei tempi più istituzionalizzati, ovvero quello delle famiglie: educare è un po' cercare di far comprendere ai ragazzi la bellezza di un cammino che si stacca dalle nebbie della pianura per andare verso l'alto, dove la vetta da raggiungere è quella del proprio futuro.
La scalata non è naturale, è frutto di una scelta ed ha bisogno di un allenamento, di un contesto protetto, fatto di percorsi pensati artificialmente, di corde e di imbrachi, di una guida a terra che dia delle indicazioni e attutisca le cadute - lasciandoti però la responsabilità e lo sforzo dei passi verso l'alto e delle prese mollate - prima di poter affrontare le vie più impegnative.
Così è per la vita, c'è bisogno di una palestra che ti dia gli strumenti affrontarla, strumenti che a volte - in modo forse un po' antidemocratico - ti "costringono" in un imbraco un po' stretto o lungo percorsi prefissati; c'è bisogno di guide che mostrino una via e al contempo lascino man mano la responsabilità di passi che possono portare anche fuori da quella via lungo piste nuove ... questa palestra si chiama a mio avviso educazione.
A terra ci sono diverse guide,alcune più formate, professionali, a volte istituzionali, altre più spontanee o informali, magari "da oratorio" ... tutte - a partire dalla prima mano tesa del papà o della mamma che invitava il suo cucciolo a staccare le mani da terra e ad alzarsi in piedi - sono frutto di scelte precise, spesso non istituzionali, ma certamente intenzionali.
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Marta Galbiati cresce in ambiente oratoriano facendo volontariato come educatrice preadolescenti e adolescenti. Nel 2005 si diploma in Scienze dell’Educazione presso l’Università di Milano Bicocca con una tesi sulla comicoterapia e inizia a lavorare presso un CDD dove si scontra con la realtà della disabilità grave e incontra alcuni maestri di vita che le fanno capire l’importanza di credere alla vita in qualunque situazione o difficoltà. Sempre nel 2005 inizia la sua specializzazione in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa che concluderà nel 2009 con una tesi sul ruolo del padre in adolescenza. Dall’estate 2007 la sua esperienza lavorativa ha una svolta, con l'inizio dell'impegno come responsabile d'oratorio per la cooperativa Aquila & Priscilla della diocesi di Milano, che l'ha portata ad una costante interazione con la dimensione dell'informalità e del volontariato. L'esperienza sul campo l'ha appassionata sempre più a preadolescenza e adolescenza, con la convinzione che la straordinaria avventura dell'educare richieda la responsabilità di rivelare che non esistono ragazzi cattivi.

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mercoledì 22 gennaio 2014

legalità/illegalità #1




il ragazzo più seguito dai servizi sociali tra quelli che ho mai incontrato:
nell'ultimo anno è passato da un ingente monteore di assistenza domiciliare minori (Adm) e da tre comunità minori.
lo segue uno staff intero.
ha 15 anni.
ha una famiglia alle spalle, una situazione "normale" o quantomeno come altre.
ha una serie di carichi pendenti con la giustizia, e lui lo giudica "normale".
ha un problema di definizione del limite tra ciò che è normale e ciò che non lo è, tra ciò che è legale e ciò che non lo è.

dunque: un ragazzo così cosa ci trova in un progetto di tutoring educativo da non mancare un incontro?
l'inizio, sempre con puntualità, c'è stato il misurarsi.
poi lo sperimentarsi.
ora forse anche il fidarsi,
tanto da raccontarmi di aver fatto da terzo ad un pestaggio per cui è in attesa di processo.
e se ne vanta: sia del pestaggio che del processo, anche di non aver detto i nomi degli amici.
"il poliziotto mi ha detto che sono un omertoso. ma io, i nomi dei miei amici non li faccio"

su un ragazzo così le domande che si aprono sono tantissime, sfaccettate.

in una scena dove l'illegalità è esaltata, esiste una possibile strada da intraprendere?
che potenza ha la legalità quando incontra l'illegalità diffusa e dichiarata?
la legalità va interrogata, ha bisogno di percorsi lunghi e faticosi, per cui servono competenze basilari?

perché se è così, qui non c'è nulla da fare...

lui è simpatico, ma soprattutto, è vivo.
nel senso che, nonostante tutto, o forse proprio perché ne ha combinate di ogni, lui ci sta provando: è in gioco.
non uno spettatore.
no.
in gioco con tutto se stesso, lui è in scena.
e questo, è l'appiglio potente da prendere a mio avviso.

ma se gli adulti che ha attorno gli hanno messo un'etichetta, quella del deviante, a cosa serve il suo essere in scena?
e mi chiedo ancora: ma il mettere un'etichetta cosa insegna? è giocare pulito? è "legale"?

lunedì 23 dicembre 2013

IL CASTELLO E LA PRINCIPESSA-lezione magistrale sugli apprendimenti

post di Alessia Zucchelli 

Entro trafelata alla scuola primaria, raggiungo la classe: una prima. Marmocchietti urlanti giocano, disegnano, saltano, mangiano caramelle: è il giorno di santa Lucia e la maestra mi spiega che oggi è così, un delirio..spinta probabilmente dalla possibilità di sentirsi osservata o valutata, sente subito la necessità di comunicare che la situazione, benchè poco piacevole, è sotto controllo, spingendosi a motivare uno status quo un pò illegittimo e davvero straordinario..cosa che in realtà non mi aveva particolarmente sconvolto..sì, non è certo l'immagine di classe a cui sono abituata, ma l'insieme mi suona curioso, potenzialmente creativo e avvicinandomi cercavo semplicemente di presentarmi e di avere un paio di coordinate per poter effettuare la sostituzione che ero andata a svolgere.

Dopo aver raccolto alcune informazioni, mi aggiro tra i banchi per entrare in contatto con i bambini; molti disegnano, offrendomi un facile tramite per avvicinarli: qualcuno tratteggia a matita e mi racconta cosa vuole rappresentare; qualcuno colora; un paio di bambini sono più avanti di altri, stanno già colorando lo sfondo usando i gessi della lavagna e sono così trasportati dalla cosa, come artisti all'opera, che non posso che avvicinarmi rinforzando positivamente il loro fare..appena il tempo di concludere la frase e una voce dalla cattedra intima di riportare i gessi alla lavagna perchè non si può fare..accidenti!..ho appena detto il contrario..Gli artisti non sembrano però voler raccogliere le preoccupazioni degli adulti e continuano imperterriti la loro attività.

Proseguo il giro e mi imbatto in una bambina tranquilla, che disegna a matita un castello e una principessa, in maniera ordinata e con gesto sicuro; ancora una volta mi sento di complimentarmi per il disegno eseguito nei particolari e, nel mentre, si avvicina anche la maestra che, osservata l'opera, chiede come è possibile che la principessa sia più grande del castello..io taccio, osservo ciò che accade pensando che non l' avevo proprio notato, però è vero: come ho fatto a non notarlo? Probabilmente la cosa è passata in secondo piano per via del mio interesse all'incontro con la bambina più che al piglio critico sulle opere svolte.. Non ottenendo alcuna risposta dalla bambina che la guarda senza scomporsi, la maestra insiste chiedendo retoricamente come potrebbe mai entrare una principessa così grande attraverso il portone del castello, così piccolo..come a voler far capire meglio la sua richiesta e accompagnare a comprendere l' errore.
Sollecitata per la seconda volta, la bambina guarda la maestra e, con una leggera smorfia (che rivela tra l'altro che il topolino è già passato a prendere qualche dentino), risponde serenamente che la principessa è vicina mentre il castello è lontano, per questo è più piccolo e che a fare così gliel'ha insegnato la sua mamma..lezione magistrale!

Accusato il colpo, la maestra scivola via, passando al disegno del bambino successivo, io invece mi fermo ancora un pò tra questo gruppetto di creativi e rimuginando osservo che il pensare che la bambina avesse fatto un errore è stato proprio gesto automatico e mi chiedo, un pò mortificata, come si è potuto darlo per certo..Cosa che, se è assolutamente lecito ipotizzare, non possiamo permetterci oggi di dare per scontata. Intendiamoci, non che in passato lo fosse, ma dare ancora per assodato che gli apprendimenti e gli insegnamenti avvengano in maniera lineare, univoca e unidirezionale ha il sapore di un metodo quanto meno anacronistico, di un metodo che non possiamo più permetterci di praticare.

..Tempo destrutturato questa mattina per le bambine e i bambini della prima, ma gli adulti hanno avuto una lezione magistrale.






 Alessia Zucchelli esercita la professione educativa dal 2001 a fianco degli adolescenti a cui si appassiona tanto da decidere di approfondirne la riflessione e la pratica educativa nel lavoro e in una tesi in Scienze dell’Educazione su giovani e famiglie nell’età contemporanea.
Appassionata al lavoro educativo, ritiene che agire PER e CON i ragazzi sia una pratica che ogni giorno le permette di apprendere e contemporaneamente prendersi cura del futuro, in una continua sfida di cambiamento e crescita.
Interessata all’Incontro, alla Comunicazione, alla Partecipazione, pensa che il web sia oggi luogo fondamentale per sperimentare e confrontarsi su pratiche educative che prevedano la possibilità di creare legami e buone prassi innovative.
Sogna un mondo in cui educare e trasmettere, imparare e apprendere, non siano considerati ambiti separati, ma vissuti come unico processo di scambio e crescita reciproca tra giovani e adulti.
Attualmente educatrice in Centri di Aggregazione Giovanile e in progetti contro la dispersione scolastica, è iscritta alla L. M. in Scienze Pedagogiche dell’Università di Bergamo.


lunedì 11 novembre 2013

l'educazione tracciata

In vista della seconda Assemblea generale e materiale sulla CONSULENZA PEDAGOGICA che si terrà a Milano il 16 novembre 2013, alcuni blogger che ne prenderanno parte hanno deciso di lanciare in rete un blog crossing day nel quale parleranno, in un breve post, del perché hanno scelto l'educazione come professione e di come sono entrati in contatto con il gruppo Facebook "Educatori, Consulenti pedagogici e pedagogisti"da dove tutto ha avuto inizio.

I blogger che partecipano sono:
Anna Gatti, blog "E di Educazione"
Alice Tentori, autore ospite di "E di Educazione"
Monica Cristina Massola, blog "Ponti e Derive"
Elisa Benzi, autore ospite di "Ponti e Derive"
Christian Sarno, blog "Bivio Pedagogico"
Laura Ghelli, autore ospite di "Bivio Pedagogico"
Manuela Fedeli, blog "Nessi Pedagogici"
Alessandro Curti, blog "Labirinti Pedagogici"
Vania Rigoni, blog "La bottega della pedagogista"
Sylvia Baldessari, blog "Il Piccolo Doge"



I contributi saranno condivisi sui diversi Social con #assembleagenerale e #consulenzapedagogica.
Buona lettura!





mia mamma sostiene che fin dalla materna io non facessi altro che occuparmi degli altri.

il background familiare in linea materna non vedeva grandi eccezioni: lei insegnante, 3 zii su 4 pure, due prozie anche, perfino mio nonno insegnò per qualche anno alla scuola di avviamento al lavoro. 




credo che se le sapessi leggere in qualche linea della mia mano sia segnata la parola Educazione.
alcuni educatori semiprofessionisti in adolescenza hanno calcato il segno mentre cercavo un'altra strada possibile, direzione "altrove".


da quindici anni però ci ho messo del mio: la formazione professionale nella scuola regionale per Animatori Sociali prima e per Educatori Professionali poi, il lavoro con i minori e con gli adolescenti in particolare, mi hanno fatto amare l'educazione nei versanti professionali e naturali trovando nella connessione, nel far rete, il nodo nevralgico e stimolante di ogni lavoro che convoca ognuno al suo posto, a giocarsi il proprio ruolo collegandosi agli altri. 


negli ultimi anni il dilagare del web mi ha incuriosita e, spinta inizialmente dal bisogno di comprendere le relazioni on line degli adolescenti, mi ci sono addentrata trovandomi ora ad intrecciarne di mie. la linea della mano si è fatta più netta, responsabilità della posizione delle dita sulla tastiera.
complici Monica Cristina Massola e Manuela Fedeli (conosciute nel percorso per Consulenti Pedagogici dello Studio Dedalo di Milano) l'affondo nel web mi ha portata a chiedermi costantemente quale responsabilità abbiamo noi come adulti professionisti dell'educazione nello stare in questa rete nell'intrecciare relazioni, nel contribuire ( o meno) ad una discussione, nel postare un ragionamento.


avevo però la necessità di trovare luoghi di scambio proficui tra colleghi, con i genitori, con altri professionisti.
i due gruppi che mi hanno permesso un interessante scambio sono "Attraversamenti Pedagogici" su Linkedin e "Educatori, Consulenti Pedagogici e Pedagogisti" su Facebook.
in particolare il dinamismo di quest ultimo mi hanno contagiata e coinvolta per gli scambi tematici e di opinione, per l'interesse a stressare le domande per potersene riappropriare ed apprendere un altro/nuovo/innovativo modo di fare educazione ogni giorno.
il gruppo ha dato vita alla prima #assembleagenerale sulla #consulenzapedagogica e, visto l'interessante incontro, a progettarne una nuova per il 16 novembre 2013 a Milano. 

potevo mancare??

Anna Gatti


i post che partecipano al blogcrossing sono:

Christian Sarno, "Perché lo fai, disperato ragazzo mio."
http://biviopedagogico.wordpress.com/2013/11/11/perche-lo-fai-disperato-ragazzo-mio/


Laura Ghelli, "Parole e sguardi"

http://biviopedagogico.wordpress.com/2013/11/11/parole-e-sguardi/


Monica Cristina Massola, "In spostamento, tra uno spazio e l’altro"

http://pontiandderive.wordpress.com/2013/11/11/in-spostamento-tra-uno-spazio-e-laltro/

Elisa Benzi, "Guest Post."
http://pontiandderive.wordpress.com/2013/11/11/guest-post-elisa-benzi/ 

Anna Gatti, "L'educazione tracciata.
http://edieducazione.blogspot.com/2013/11/leducazione-tracciata.html

Alice Tentori, "Lascio che le cose mi portino altrove."
http://edieducazione.blogspot.com/2013/11/lascio-che-le-cose-mi-portino-altrove.html

Alessandro Curti, "Scontrarsi con l'educazione."
http://labirintipedagogici.blogspot.com/2013/11/scontrarsi-con-leducazione.html

Manuela Fedeli "Chi l'avrebbe mai detto"
http://nessipedagogici.blogspot.com/2013/11/chi-lavrebbe-mai-detto.html

Vania Rigoni, "Blog crossing day in bottega."
http://www.bottegadellapedagogista.com/2013/11/blog-crossing-day-in-bottega.html

Sylvia Baldessari, "L'educazione è un incontro."
http://ilpiccolodoge.blogspot.com/2013/11/leducazione-e-un-incontro.html



Lascio che le cose mi portino altrove - di Alice Tentori


In vista della seconda Assemblea generale e materiale sulla CONSULENZA PEDAGOGICA che si terrà a Milano il 16 novembre 2013, alcuni blogger che ne prenderanno parte hanno deciso di lanciare in rete un blog crossing day nel quale parleranno, in un breve post, del perché hanno scelto l'educazione come professione e di come sono entrati in contatto con il gruppo Facebook "Educatori, Consulenti pedagogici e pedagogisti"da dove tutto ha avuto inizio.

I blogger che partecipano sono:
Anna Gatti, blog "E di Educazione"
Alice Tentori, autore ospite di "E di Educazione"
Monica Cristina Massola, blog "Ponti e Derive"
Elisa Benzi, autore ospite di "Ponti e Derive"
Christian Sarno, blog "Bivio Pedagogico"
Laura Ghelli, autore ospite di "Bivio Pedagogico"
Manuela Fedeli, blog "Nessi Pedagogici"
Alessandro Curti, blog "Labirinti Pedagogici"
Vania Rigoni, blog "La bottega della pedagogista"
Sylvia Baldessari, blog "Il Piccolo Doge"



I contributi saranno condivisi sui diversi Social con #assembleagenerale e #consulenzapedagogica.

Buona lettura!











La prima volta che mi è stato chiesto perché avessi scelto la professione di educatore, ero al secondo anno in Scienze dell’educazione durante degli incontri di tirocinio denominato propedeutico. Perciò, come canta Morgan, lascio che la domanda “mi porti altrove”, in un aula della Bicocca con altre studentesse davanti ad un foglio che chiede: racconta un episodio significativo che ti ha fatto capire che volevi fare l’educatore. Penso e scrivo di un film, non ricordo il titolo né ora come allora, la cui trama parla di un figlio tenuto chiuso in una specie di cantina perché disabile e di come questo mi abbia spinto ad avvicinarmi ad una professione che si occupa degli altri in difficoltà. Fin qui tutto bene, dopo tutto ognuno sceglie (più o meno consapevolmente) quale livello di “profondità” mettere nelle esercitazioni proposte. Tuttavia, intorno a me, i racconti hanno tutt’altro tenore: storie ed esperienze personali che rimandano a delle sofferenze vissute sulla propria pelle oppure accadute a persone a loro vicine. Ricordo che questo mi colpì molto e solo più tardi a contatto con la “materialità educativa “ iniziai a capirne il senso: “prendersi cura dell’altro” è anche, in un certo qual modo, “prendersi cura di sé” , o meglio, di quelle parti di sé che chiedono di trovare un modo per curar-si di e di come questo abbia necessariamente a che fare con l’ immagine di cura di ciascuno. La mia scelta di diventare educatore prende così forma da questa iniziale spinta, si fonda e confonde poi con la passione per il mestiere di educatore su cui ho costruito una specifica professionalità attraverso una pratica educativa e una formazione che potrei definire continua. Perennemente in cerca di vie, di strade che riconducono a riflessioni pedagogiche che mi portino altrove, approdo al gruppo di “Educatori, Consulenti Pedagogici e Pedagogisti”, invitata da uno degli amministratori del gruppo conosciuto in contesti formativi diversi e reali: qui invece incontro un luogo virtuale e delle professionalità pedagogiche diverse che mi permettono, attraverso stimoli continui, di poter continuare a domandare e “stressare” i fatti educativi che quotidianamente ci si trovo ad affrontare.
Insomma, nella mia scelta di essere educatore si sono giocati e si giocano diversi livelli a seconda del momento e del contesto in cui ho esercitato ed esercito il mio ruolo educativo: a volte mi sento “Gru”, altre volte le “bambine” e altre ancora i ”minions”….

http://www.youtube.com/watch?v=k6yZThxoRCE
Alice Tentori


i post che partecipano al blogcrossing sono:

Christian Sarno, "Perché lo fai, disperato ragazzo mio."
http://biviopedagogico.wordpress.com/2013/11/11/perche-lo-fai-disperato-ragazzo-mio/

Laura Ghelli, "Parole e sguardi"
http://biviopedagogico.wordpress.com/2013/11/11/parole-e-sguardi/


Monica Cristina Massola, "In spostamento, tra uno spazio e l’altro"
http://pontiandderive.wordpress.com/2013/11/11/in-spostamento-tra-uno-spazio-e-laltro/

Elisa Benzi, "Guest Post."
http://pontiandderive.wordpress.com/2013/11/11/guest-post-elisa-benzi/

Anna Gatti, "L'educazione tracciata.
http://edieducazione.blogspot.com/2013/11/leducazione-tracciata.html

Alice Tentori, "Lascio che le cose mi portino altrove."
http://edieducazione.blogspot.com/2013/11/lascio-che-le-cose-mi-portino-altrove.html

Alessandro Curti, "Scontrarsi con l'educazione."
http://labirintipedagogici.blogspot.com/2013/11/scontrarsi-con-leducazione.html

Manuela Fedeli "Chi l'avrebbe mai detto"
http://nessipedagogici.blogspot.com/2013/11/chi-lavrebbe-mai-detto.html

Vania Rigoni, "Blog crossing day in bottega."
http://www.bottegadellapedagogista.com/2013/11/blog-crossing-day-in-bottega.html

Sylvia Baldessari, "L'educazione è un incontro."
http://ilpiccolodoge.blogspot.com/2013/11/leducazione-e-un-incontro.html