giovedì 24 aprile 2014

Disconnect: immaginari sul web

di Alessia Zucchelli



Vado al cinema stasera..
"Disconnect" viene presentato come un docu-film sulle conseguenze che l'avvento di internet e del web 2.0 hanno avuto nella vita di tutti noi; la serata rientra in una serie di iniziative che il Comitato Genitori di un Istituto Superiore e l'Istituto stesso stanno portando avanti sul tema Web e nuove generazioni.
Mi guardo intorno, in sala sono presenti ragazzi, genitori, insegnanti; recupero un paio di recensioni, da cui colgo che il film non presenta un punto di vista proprio positivo della tematica. Sono comunque molto incuriosita per approfondire la mia riflessione su educazione e web e soprattutto interessata ad esplorare gli immaginari che vengono proposti: quali contenuti e significati le agenzie educative divulgano a famiglie e ragazzi?
Si abbassano le luci,vengo catapultata in tre storie che da subito sento vive, dense: una famiglia sul lastrico economico, un paio di cyberbulli che finalmente trovano una vittima succulenta, una giornalista che cerca lo scoop nel mondo della prostituzione giovanile..storie tutte accumunate dall'essere cadute nella trappola del web..
..Che dire? Una tragedia! Il film si rivela un concentrato di situazioni catastrofiche e di vite spezzate proprio nell'incontro con internet 2.0: i social, le chat. Non solo i ragazzi ma -attenzione- gli adulti stessi finiscono -loro malgrado- nella trappola della rete, subendo conseguenze davvero catastrofiche.. a mio avviso, lasciatemelo dire, in maniera un pò ingenua.
Nel ruolo sicuro e tranquillo di spettatrice attendo che compaiano briciole di buon senso, barlumi di ragionevolezza..ma rimango quasi a bocca asciutta.
La sensazione che sento è di distacco ed estraniamento: una coppia sul lastrico per la clonatura della carta di credito, una famiglia distrutta per il suidcidio del figlio a seguito di atti di bullismo, una giornalista che tenta la scalata al successo intervistando un minore che si prostituisce online, il tutto condito da suspence e fiato sospeso, come neanche la migliore tradizione Horror.
Per carità, tutti fatti verosimili..ma così inanellati e farciti di ingenuità a me risultano poco credibili: davvero qualcuno pensa ancora che il web sia solo una didascalica catastrofe?
A un certo punto il ragazzo seduto vicino a me e che spesso durante il film estrae lo smartphone dalla tasca, chiede alla madre di andarsene:
"è triste..è brutto, voglio andare a casa"
..queste parole mi rincuorano..cominciavo a stare davvero scomoda nella poltroncina e ora so che qualcuno condivide questo stato d'animo. Alle parole del ragazzo capisco però che non si tratta dell'inquietudine che il film trasmette, come accade per lui, ma piuttosto del timore di essere sola -come spettatrice- nel sentirmi contrariata.
Ora, io non ho potuto chiedere ai ragazzi in sala che cosa si siano portati a casa da questa visione, ma la richiesta rivolta dal mio vicino alla madre mi è sembrata sana e rivelatoria..
Come possiamo non vergognarci di mostrare ai ragazzi un simile concentrato di catastrofi e di mancanza di buon senso adulto? Perchè, davvero, gli adulti rappresentati nel film non paiono semplicemente "umani", ma rasentano la sprovvedutezza.
Come possiamo da adulti identificarci in questi personaggi, tanto da decidere di mostrarli sul grande schermo ai ragazzi?
E ancora, come possiamo pensare che terrorizzare le nuove generazioni in questo modo -didascalico peraltro- possa davvero tornare utile affinchè prendano consapevolezza e affrontino i rischi (reali, per carità!) che la vita -e non il web in sè- ci riserva?
Come possiamo pensare di sensibilizzarli mostrando loro l'atto più estremo che si possa compiere: togliersi la vita? Quanti dei ragazzi in sala si saranno identificati col giovane protagonista suicida? Ma ancor prima, sensibilizzare coincide con spaventare?

Quando ci accorgeremo che stiamo vomitando addosso ai ragazzi tutte le nostre paure e il nostro bisogno di contenerle? Perchè non ci rendiamo conto che in questo modo risultiamo poco credibili e che se i ragazzi avranno il buon cuore di sforzarsi di crederci, un giorno potrebbero pensare di aver perso il loro tempo? Perchè la realtà che vivono è ben distante da come univocamente e paternalisticamente gliela dipingiamo!

Perchè non riusciamo a capire che il nostro ruolo non è quello di rinchiudere, censurare, dare voce ai nostri timori, ma quello di condividere la voglia di vivere, il bisogno di fare esperienze, di essere positivi dei ragazzi, camminando con loro e aiutandoli ad esplorare un mondo nuovo con senso critico per evitare le derive, oltre che accoglierli quando si fanno male?

Per chiudere la serata un professore dell'Istituto Comprensivo porta le sue riflessioni sul tema tecnica e tecnologia..(non ci crederete, ma ho deciso di andare fino in fondo!)..professore di filosofia, citando Francis Bacone -facendogli dire che la Tecnica 'nasce' per risolvere problemi ma ne causa poi ben altri- riesuma il mito di Dedalo che, inventore, costruisce una macchina-toro per soddisfare le pulsioni sessuali di Pasifae e ciò che ne deriva è il Minotauro, minaccia per la città e i suoi giovani; e ancora, non soddisfatto, ricorda il mito della Caverna di Platone per dare un monito: non dobbiamo farci ingannare, la realtà è ben altro!

Peccato che il professore si sia dimenticato che la sua voce poteva essere ascoltata dal pubblico grazie ad un microfono e che senza la tecnologia cinematografica, che ha permesso la produzione e la diffusione del film, le sue riflessioni non avrebbe potuto non solo condividerle, ma probabilmente nemmeno farle!
Applausi in sala.


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Alessia Zucchelli esercita la professione educativa dal 2001 a fianco degli adolescenti a cui si appassiona tanto da decidere di approfondirne la riflessione e la pratica educativa nel lavoro e in una tesi in Scienze dell’Educazione su giovani e famiglie nell’età contemporanea.
Appassionata al lavoro educativo, ritiene che agire PER e CON i ragazzi sia una pratica che ogni giorno le permette di apprendere e contemporaneamente prendersi cura del futuro, in una continua sfida di cambiamento e crescita.
Interessata all’Incontro, alla Comunicazione, alla Partecipazione, pensa che il web sia oggi luogo fondamentale per sperimentare e confrontarsi su pratiche educative che prevedano la possibilità di creare legami e buone prassi innovative.
Sogna un mondo in cui educare e trasmettere, imparare e apprendere, non siano considerati ambiti separati, ma vissuti come unico processo di scambio e crescita reciproca tra giovani e adulti.
Attualmente educatrice in Centri di Aggregazione Giovanile e in progetti contro la dispersione scolastica, è iscritta alla L. M. in Scienze Pedagogiche dell’Università di Bergamo.

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