giovedì 28 agosto 2014

#pensodunquebloggodue - 3 post


Arrivati alla conclusione di questa prima tranche di BloggingDay, i bloggers del gruppo Snodi Pedagogici scriveranno e pubblicheranno una serie di articoli, sui propri blog, inerenti ai blogging day già pubblicati:
Una sorta di conclusione su quanto è emerso fino ad oggi grazie ai vostri contributi, per rileggere assieme a voi i passaggi fondamentali, provando a dare delle risposte ma anche porre e porsi nuove domande, in vista dell'antologia che verrà pubblicata ad autunno e il cui ricavato andrà in beneficenza alla "Locanda dei Girasoli" di Roma.
Gli articoli verranno pubblicati sui diversi social con ‪#‎Pensodunquebloggodue‬ e raccolti sul sito di Snodi Pedagogici



#Pensodunquebloggodue - 3 post

Quest'estate ho preso alcune scatole di colori per mio figlio: un monito a colorare i pomeriggi e le giornate dell'autunno e dell'inverno che promettono di essere molto grigie, qui in pianura.
Scatole di colori più o meno sfumati e variegati, acquarelli e tempere, fogli colorati per i ritagli, cartoncini dai mille colori, pasta da modellare. Tre quaderni senza righe ne quadretti e tre tele non molto grandi su cui provare a sperimentarsi in quel gioco magico che è il lasciare traccia di sé attraverso il colore: raccontarsi tracciando segni.

Segni come quelli lasciati digitalmente dai tre ospiti di questo blog per i tre blogging day appena passati. Tre temi, tre autori, molte più tinte e colori a mostrare le sfumature possibili che l'educazione porta con sé, inevitabilmente.
C'è dell'oro e dell'argento nelle parole di Gloria Vanni; c'è del rosso, del porpora, dell'arancio in quelle di Emanuele Driol; ci sono gli estremi del bianco e del nero in quello di Federica Vergani.
Estremi, colori saturi e cangianti che si incontrano e si mischiano per dar vita a disegni che parlano di relazioni perchè
 "Dopo ogni incontro, a me piace pensare di lasciare qualcosa che sia in grado di compensare, almeno in parte, quello che ho preso o mi è stato dato"  Emanuele Driol - Amare l'Incontro.
Lasciare il segno è dunque necessario. Lasciare traccia di ciò che è stato permette di rintracciarlo, riprenderlo, comprenderlo nuovamente per poterlo, anche volendo, ridisegnare: significa farne tesoro. solo così è possibile

credere che dal nero, accostando il bianco, si possano trovare delle sfumature altre, diverse, nuove riflessività che non si appiattiscano in semantiche non generative e accudenti dei bisogni educativi riconosciuti e da rispettare nell’altro.
Un invito dunque a lasciare che ciò che si pratica in campo educativo su pagine bianche o colorate, fisiche o digitali: il proprio segno, leggero a matita, deciso come un'acrilico, a seconda delle situazioni.
Perché tingere di colore sia un nuovo parlare di ciò che si insegna ed impara provando ad affrontare amore, bellezza e difficoltà come temi di un'educazione quotidiana che possa risaltare nel grigiore dell'inverno in pianura.

Perché a volte, l'impressione è che anche in educazione si faccia fatica ad emergere da uno stato quotidiano e dato per scontato come il cielo di Milano da novembre in poi. Trovarsi a tingere ed ad intingere il pennello, a scegliere un colore nell'astuccio, permette invece di ridare senso e respiro a ciò che tendiamo a dare per assodato e che siccome c'è, non merita d'essere visto e mostrato.
I Blogging Day hanno avuto anche questo come possibilità: quello di mostrare lungo 8 mesi, tinte diverse di un'educazione consapevole che si agisce valorizzando tutte le sfumature e i colori netti e definiti che, leggendo le parole di Salvatore Natoli pubblicate in un post da Animazione Sociale
"La dimensione etica, nella nostra pratica quotidiana, è avere dentro di sé l'istanza dell'altro, non sentirsi mai separati, assoluti, perché questo condurrebbe a un delirio di onnipotenza. Se io non interiorizzo l'altro in me, se non mi sento parte, inevitabilmente mi sento tutto, e quindi, anche senza volerlo, divento distruttivo. La relazione di alterità è la dimensione fondamentale dell'etica. E allora la domanda etica è: qual è la giusta relazione con l'altro?"
mi fa pensare che i colori possono rappresentare la dimensione che aiuta quel definire la giusta relazione con l'altro in modo meno etichettato ma più "libero": libero di sfumarsi, di essere saturo, di essere un colore primario o uno secondario o terziario, di essere un colore originale nato da quell'incontro, da quella relazione intenzionale che permette (o può permettere) ai soggetti in questione di crescere.



Qui trovi gli altri contributi

I Blog Partecipanti:

La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuela Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti assieme a un guest post di Alessia Zucchelli, collaboratrice del blog
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Trafantasiapensieroazione di Monica D'Alessandro Pozzi
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
In Dialogo di Elisa Benzi
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari


#PENSODUNQUEBLOGGODUE - EDUCAZIONE FA RIMA CON..


Arrivati alla conclusione di questa prima tranche di BloggingDay, i blogger del gruppo Snodi Pedagogici scriveranno e pubblicheranno una serie di articoli, sui propri blog, inerenti ai blogging day già pubblicati:
Una sorta di conclusione su quanto è emerso fino ad oggi grazie ai vostri contributi, per rileggere assieme a voi i passaggi fondamentali, provando a dare delle risposte ma anche porre e porsi nuove domande, in vista dell'antologia che verrà pubblicata ad autunno e il cui ricavato andrà in beneficenza alla "Locanda dei Girasoli" di Roma.
Gli articoli verranno pubblicati sui diversi social con ‪#‎Pensodunquebloggodue‬ e raccolti sul sito di Snodi Pedagogici



#Pensodunquebloggodue - 
EDUCAZIONE FA RIMA CON..


Un viaggiatore sa e riconosce il valore della sosta..sa come questa permetta la possibilità di prendere consapevolezza delle ricchezze raccolte in viaggio, sa che la sosta consente di "indossare nuove vesti" drappeggiate di pensieri, ricordi, incontri, riflessioni e racconti che permetteranno di proseguire verso le prossime tappe.


(...) Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante. 
soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato un bel viaggio
senza di lei mai ti saresti messo 
in viaggio:che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

             C.P. Cavafys

Anche  Snodi Pedagogici riconosce questo momento e il suo valore; che si traduce nel tentativo di restituirvi parte dell'esperienza che avete contribuito a costruire attraverso la partecipazione ai tre blogging day

durante i quali è stato possibile sfiorare alcuni degli ambiti con cui l'educazione si interconnette..Perché una cosa è certa: l'educazione e la pedagogia, occupandosi di relazione e di crescita, di cultura e di Persone, permeano ogni ambito che ci riguarda e oggi, nel mondo contemporaneo caratterizzato da mille capillari risvolti e possibilità, da strade e ricorsi, la superficie sfaccettata che le caratterizza ne è moltiplicata, raggiungendo una dimensione che possiamo definire Molteplice.

"Caratterizzato da varietà di forme, aspetti, qualità" (dizionario Hoepli.it)

..Molteplici sono le occasioni che potenzialmente si incontrano, 
molteplici le esperienze che vivo e che posso incontrare nell'altro,
molteplici ancora le possibilità di reazione e risposta-azione,
molteplici le storie che posso comporre.
Molteplici quindi, anche gli ambiti con i quali l'educazione si interfaccia.


..e in ciò il web che c'entra? ..e i Bloggingday?

La rete, mezzo principe, oggi, di viaggi ed incontri, permette di incrociare una pluralità di sguardi, di incontrare  mondi altrui, di essere partecipi di un bagaglio più ampio di esperienze, che posso poi ricucire perché calzino con la mia storia o perché mi consentano di narrarle a chi possa immaginare, per sé, possibili storie.
Parlare e leggere di educazione nel web dunque mi consente di accedere a questa sfera semplice e insieme complessa, in una parola molteplice, che è l'esperienza umana; questo nei termini di storia personale ma soprattutto, come educatrice, nei termini di storie trasmesse e immaginate a più mani, storie altrui di cui essere testimoni provando a fare da specchio perché abbiano la possibilità di prendere coscienza di se stesse. 

Storie, grazie a questo molteplice bagaglio, in cui riuscire a tratteggiare potenzialità di crescita e di apprendimento reciproco.


In questa direzione #pensodunquebloggodue vuole essere una occasione per individuare alcune coordinate da fissare, snodi che insieme abbiamo tracciato in questi mesi di Bloggingday e che è interessante mettere in evidenza, per come ci hanno colpito, per comporre bagagli di viaggio..

..Così Andrea Capella, ospite di IN Dialogo per  #EducazionEamore, mi fa pensare alla povertà della realtà italiana rispetto alla riflessione educativa, pedagogica ma soprattutto politica ed istituzionale, su sessualità e disagio; questa tematica, nonostante alcuni passi (vedi in disegno di legge recente sull'assistenza sessuale) resta in italia un tabù ancora da superare.
Dalle parole coraggiose di Andrea rammento l'importanza di distinguere l'etica dalla morale; questo per poter guardare una situazione dalla 'giusta' distanza, quella che mi permette di vedere l'altro -nn troppo vicino o troppo lontano- come Persona nella sua complessità di bisogni, sapendo che, nell'accompagnarla, la storia principale rimane la Sua e io, come educatore, posso e devo stare nella delicatezza di mostrare rotte e di immaginare vie, così come tematizzare la sfera affettiva contribuendo a riempire una esperienza di significato.
(per approfondire l'argomento con storie reali vi segnalo www.loveability.it)


..mentre Rita Totti, ospite di Nessi Pedagogici per #educazionEbellezza, mi riporta alla  società dell'immagine che viviamo; alla centralità del Bello, con tutto il carico di importanza che viene affidata a questa dimensione, oggi, soprattutto nel costruire una identità e come spesso la stessa venga calpestata, distorta, abusata.
Con Rita condivido la riflessione di quanto sia importante che i ragazzi abbiano qualche coordinata in merito, accompagnandoli ad educarsi al Bello tramite l'arte e la natura.


..e ancora Federica Vergani, ospite di E di Educazione per # PedagogicAlert, che  ci tratteggia  l' ambivalenza tanto del nero quanto del bianco e le differenti sfaccettature e punti di vista che il mondo educativo abita.
Esiste un valore nell' alzare bandiera bianca, nel lasciare una posizione? 

Ha valore riconoscere i propri limiti professionali?
Sicuramente l' autoconsapevolezza del limite possiede valore: riconoscere che dove non arrivo io possa arrivare l'altro.
Quando la fatica di stare non è più sostenibile, allora è utile lasciare perchè la storia che contribuisco a costruire e che non mi appartiene, possa trovare altre prospettive. Questo contributo mi rammenta la forza e l'onestà intellettuale dell'educatore che sente e riconosce di aver già fatto la sua parte, di non poterci arrivare oltre lì. 
La responsabilità educativa si palesa anche in questo: il saper lasciare perché altri vedano strade nuove e ancora possibili.



Il viaggio del Bday sta per terminare e qui voglio lasciare alcune parole come un brainstorming di ciò che che per me ha significato:
Ospitalità,  Comunicazione, Pluralità, Narrazione condivisa, Costruzione di saperi..

..sono solo alcune e in ordine sparso. In fondo se qualcuno mi chiedesse con cosa fa rima educazione, risponderei che mi chiedo, piuttosto, con cosa non faccia rima. 

Un grazie gigante a tutti i colleghi di Snodi Pedagogici e a tutti coloro che con noi credono nel progetto portandovi il loro contributo.


Qui trovi gli altri contributi


I Blog Partecipanti:

La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuela Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti assieme a un guest post di Alessia Zucchelli, collaboratrice del blog
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Trafantasiapensieroazione di Monica D'Alessandro Pozzi
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
In Dialogo di Elisa Benzi
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari

giovedì 21 agosto 2014

IDENTITA' FUNAMBOLICHE: #SELFIE E RICERCA DI IDENTITA'



Picasso, Marie Therese nell'arcobaleno, 1939 



Mi capita spesso, quando apro l'applicazione WhatsApp dallo smartphone, di dare un'occhiata, così scorrendo, all'elenco dei profili dei contatti e, proprio mentre sono lì, vedere cambiare le immagini che rappresentano i contatti..scompare la vecchia per lasciare il posto ad una nuova e molto spesso più recente immagine che, sebbene in piccolo, raffigura lo stato di una persona o meglio, ciò che sinteticamente e visivamente, la persona vuole raccontare di sé in quel momento. 

Non nascondo di rimanere affascinata da questa dissolvenza: mentre osservo uno dei social più utilizzati di questi tempi, WhatsApp, nelle cui chat -sempre più multimediali- i ragazzi ultimamente si rifugiano, l'altro ha deciso di cambiare ciò che lo rappresenta.

Il concetto e il processo di cambiamento ha sempre catturato la mia curiosità ed interesse..cambiare, trasformare, non smettere di ricercare, hanno una potenza generativa che mi entusiasma sempre. 
Cambiamento che qui si coniuga con ciò che comunichiamo di noi agli altri, ovvero come vorremmo che gli altri ci vedano, la nostra immagine, la nostra identità o parte di essa.

Cambiamento come ricerca di identità..
Nella società liquida e complessa, all'individuo viene chiesto di agire e di esporsi costantemente in prima persona per costruire la propria singola esistenza. Senza più restrizioni ma anche senza le tradizionali griglie interpretative e di orientamento della società, fenomeno definito processo di individualizzazione (U. Beck),  il lavoro personale sull'identità sembra non essere più un presupposto su cui costruire obiettivi e raggiungere compiti di sviluppo e crescita, ma diventa meta esso stesso.
Viviamo un contesto caratterizzato da una continua riformulazione del presente, una realtà che necessita di continue ri-significazioni del presente, una continua ridefinizione dell'identità e dei propri percorsi (Z. Bauman).

Più degli adulti sono gli adolescenti e i giovani, ancora nel pieno della costruzione identitaria, i soggetti in cui questo cambiamento si manifesta chiaramente.

Questo aspetto lo ritrovo nel mio essere spettatore.. selfie singoli, in gruppo, immagini divertenti e giocose, oppure pose serie quasi da set, sorrisi impostati, messaggi d'amore o vignette, anche se più spesso sono loro: i ragazzi si espongono direttamente.
Allora seguo le tracce di chi si mostra in mille pose da modella, di chi si ritrae con i bambini seguiti al cre e poi con le amiche in vacanza; di chi comunica con la fidanzata frasi d'amore o facendole dono di immagini di sé sempre brillanti; di chi riesce a staccarsi dall'immagine patinata dell' idolo amato per pubblicare immagini di se stessa prima e, qualche giorno dopo, la propria -finalmente reale- storia d'amore..

..Cosa sono questi, se non tentativi di raccontarsi qui ed ora, di comunicare il loro presente, di rivedersi nello scatto di quell'istante e negli occhi dei destinatari di queste immagini?

I #selfie che oggi riempiono le bacheche, i profili e le memorie dei dispositivi mobili, si possono configurare come fenomeno legato alla necessità di costruire e trasformare costantemente l'identità: sono modelli utili -e in certe forme anche rischiosi- per la ricerca identitaria a cui siamo costretti, in una società che chiede di essere sempre attore e spettatore, simultaneamente. Utili a rivedermi, a ricevere feedback dall'altro, a comunicare uno stato presente.

E ancora, più degli adulti i ragazzi sanno di vivere UN presente, senza l'illusione che questo possa rimanere invariato nel tempo; al contrario, hanno la sapienza agita, molto adattiva a mio avviso, che di racconti di sé dovranno costruirne di diversi, in un'epoca caratterizzata da trasformazioni e soventi cambi di rotta.

.. Così seguo, anche attraverso questa modalità, le loro storie..o meglio, quello che a loro va di raccontare di sé. Convinta che oggi sia una via efficace per incontrarli.

Perché tutto questo? Per essere testimone.. per poter -nell'incontro- e come la mia professione vuole, restituire loro quello che la loro immagine mi ha comunicato e trasmesso.

giovedì 7 agosto 2014

perché scrivere di Educazione?


Esistono storie che non riescono ad essere viste perché si chiudono nella relazione tra educatore e utente, tra Maria e Nadia, tra un adulto che sa che cosa sta facendo ed un utente che ha bisogno di quel sapere che trasforma un gesto in cura, che trasforma un azione casuale in un pensiero e lo inserisce in un progetto.
ma spesso il sapere si ferma in quell'azione, in quel gesto.
il sapere studiato, conosciuto  e pensato, il sapere di un gesto che cura, che si occupa di altri riesce a connettere situazione e bisogni differenti e a trovare nuovi modi per far stare bene le persone che abitano quel contesto, quella casa, quel territorio, quella scuola.

Il sapere educativo che parla di come da un pensiero e da un progetto scritto si riescano a realizzare buone pratiche educative che siano azioni dirette con l'utenza o buone pratiche di coordinamento di un'équipe, di pensiero ed innovazione attorno ad un determinato fuoco, oggetto intenzionale, mandato della committenza, è pane quotidiano nei servizi educativi che incrocio.
Le buone prassi educative e il sapere pedagogico sono importanti per la società perché è la parte professionale che si cura delle persone: è la declinazione pratica dei servizi che hanno come mandato il creare contesti per una crescita favorevole dei soggetti della società.

eppure, tutto ciò fatica ad essere mostrato da chi se ne occupa alla società.
esistono relazioni alla committenza, relazioni per il tribunale che segue il minore, incontri con le famiglie dell'utente e via dicendo. 
manca a mio avviso il "ritorno" alla società che sui servizi investe. perché i servizi sono pagati con contributi pubblici, per la maggior parte, almeno.

per me si apre dunque una sfida (come mi ha rimandato Michaela Matichecchia): narrare sul web, trovando luoghi e tempi, modi e parole è un'opportunità perché il sapere di ciò che si insegna e si impara diventi un bene collettivo, della comunità, della società?
è possibile narrare ciò che gli educatori e i pedagogisti immettono con le loro pratiche quotidiane al "servizio" della comunità? è possibile mostrare ciò che gli utenti dei servizi apprendono e insegnano a loro volta?

secondo me si. 
è uno sforzo, sicuramente, perché non si è abituati, non si è neppure formati per farlo.
ma credo che la posta in gioco sia alta perché mancando sul web. e se non ci si è, si rischia di rimanere impigliati nella relazione diretta del servizio.
il web non è il mondo, d'accordo, ma è una finestra. e se una casa non ha finestre, e neppure porte, è una costruzione inutile.

il web è, a mio avviso, una possibilità "a bassa soglia" per potersi mostrare e per poter dar valore, attraverso la narrazione, alle tante storie di cura che abitano la nostra società, mettendo in luce un sapere che fa fatica ad arrivare nei testi, nei saggi, nelle aule universitarie, nella vita della gente.
ma se penso al fine ultimo della pedagogia 
Pedagogia= pedos- persona in crescita (formativa, non solo anagrafica/bambino) e agoghé- azione (non discorso, da logos, come spesso si confonde). La pedagogia è dunque, letteralmente la scienza dell'azione di/con una persona in crescita formativa, in educazione appunto.  cit. Manuela Fedeli
non possiamo toglierci, fare un passo indietro: occuparsi delle persone in crescita significa occuparci del futuro nostro e delle nostra comunità. e dire che lo facciamo e come lo facciamo è necessario per poter progredire come individui e come società. e farlo sul web è una delle possibilità.
volete tirarvi indietro?